Tema sempre più dibattuto quello previdenziale. In attesa che si formi il nuovo Governo iniziano ad emergere le reali intenzioni, post voto, degli schieramenti risultati vincitori alle urne. Le proposte fatte sulle pensioni anticipate da Tridico, M5S, e Brambilla, Lega, non hanno per nulla convinto i lavoratori. Sul web, compreso ormai che l’abolizione della Riforma Fornero sarà difficile, si discute sugli ultimi rumors emersi e si lanciano controproposte.

Tridico e Brambilla, il web insorge: hanno già tradito gli italiani?

Il primo avanza la proposta dei coefficienti di usura che permetterebbero di diversificare l’uscita pensionistica a seconda del mestiere svolto, non solo un ampliamento dei lavori gravosi già ideati dal Governo precedente, ma una sorta di mappatura dei lavori, affinché - spiega l’economista - non tutti vadano a 67 anni.

Poi propone altresì la pensione anticipata a 60 anni per quanti abbiano versato almeno 40 annidi contributi. Mentre Brambilla nella sua controriforma ha proposto tra i 5 punti aspramente criticati sul web, anche la quota 100 e 41 con paletti. Se da un lato vi è chi già grida allo scandalo ed al nuovo voto, precisando che sarebbe corretto poter avere indietro tutti i contributi versati al fine di poter decidere liberamente quando poter andare in pensione in base a quanto si è versato, regola che dovrebbe valere per tutti, politici inclusi. Vi è anche chi ricorda che la pensione è un patto tra Stato e lavoratore. Ove entrambi, il riferimento in questo caso forse è più allo Stato, devono rispettare il contratto, pena l’inadempimento dello stesso.

Pensioni: un patto tra stato e lavoratore che va rispettato

A parlare Luigi Metassi, referente insieme ad Elide Alboni per il Comitato esodati licenziati e cessati, che spiega: “A prescindere dalle attuali storture del sistema previdenziale, che ho sempre stigmatizzato e non intendo certo smentire adesso, l'idea che si debba poter andare in pensione quando si vuole è concettualmente errata.

Sarebbe corretta se l'accantonamento dei contributi fosse un investimento finanziario: io investo e io decido quando incrementare o ritirare l'investimento. Fortunatamente, almeno per ora, i contributi sono salario differito e ci sono diverse sentenze costituzionali a confermarlo. Questo significa che, nel momento in cui si inizia a versare i contributi, tra lavoratore e Stato si instaura un contratto sinallagmatico.

In altre parole: si instaura un contratto per il quale, ad un impegno certo iniziale di un contraente (versare una somma stabilita nel tempo) corrisponde l'impegno della controparte a corrispondere la contropartita in tempi successivi. Interrompere anzitempo i pagamenti dei contributi significa quindi rendere nullo il contratto mentre non corrispondere la pensione quando il lavoratore abbia versato tutti i contributi significa violare il contratto.

Più semplicemente: il lavoratore può interrompere i versamenti e, in tal caso, il contratto con lo Stato è nullo, mentre lo Stato non può negare la pensione, perchè, in tal caso, sarebbe inadempiente al contratto (inadempienza funzionale al contratto sinallagmatico).

Da tutto questo si evince che non è possibile interrompere i versamenti contributivi quando si vuole, ancorchè a fronte di una corrispondente riduzione della liquidazione, perchè le parti verrebbero meno a quanto stabilito nel patto iniziale" Voi cosa ne pensate? A che età sarebbe corretto poter andare in pensione?