Si blocca ai soli aumenti che verranno introdotti al termine del 2018 il meccanismo di adeguamento alla speranza di vita della pensione anticipata e delle Pensioni di vecchiaia previsto dalla riforma Fornero. La notizia arriva proprio nelle settimane in cui M5S e Lega stanno discutendo di reintrodurre il meccanismo delle quote, perno principale di quella che veniva chiamata "pensione di anzianità", tramite le uscite con quota 100 e quota 41 dei precoci. Secondo quanto riporta Il Messaggero, infatti, i calcoli dell'Istat porterebbero a stoppare l'adeguamento all'aumento dei requisiti di età e dei contributi, sui quali si calcola le uscite per le pensioni.
L'alt, però, riguarderebbe il biennio 2021-2022. Ciò significa che l'età di uscita della pensione di vecchiaia e i contributi della pensione anticipata rimarrebbero bloccati per quattro anni, ma solo dopo l'adeguamento della pensione di vecchiaia a 67 anni dal 1° gennaio 2019 e l'aumento dei requisiti richiesti per la pensione anticipata a quota 43 anni e 3 mesi (l'uscita delle donne rimane con 12 mesi di sconto).
Pensione anticipata, quota 100 e pensioni vecchiaia 2018: stop Adv 2021, ecco i requisiti di uscita
La riforma delle pensioni introdotta con la legge Fornero prevede gli adeguamenti automatici ai dati Istat sulla speranza di vita sia della pensione anticipata che delle pensioni di vecchiaia.
Tuttavia, la novità riportata dal quotidiano romano sembrerebbe mettere un freno a questo meccanismo che, peraltro, dal 2019, si rinnoverà ogni due anni, anziché ogni tre. Dopo lo scatto del 1° gennaio 2019, con aumento sia delle pensioni anticipate che di quelle di vecchiaia, le nuove previsioni demografiche dell'Istituto di statistica indicano che non ci sarà lo scatto successivo, quello previsto dal 1° gennaio 2021 e valido fino alla fine del 2022.
La speranza di vita, calcolata mettendo a confronto l'incremento del biennio in corso (2017 e 2018) con quello del biennio precedente, segna il valore di 20,7, pari al numero di anni di speranza vita media a partire dall'età di 65 anni. Tale valore sarebbe rimasto costante rispetto agli indici del biennio precedente (che, tuttavia, avevano determinato gli aumenti delle pensioni del 2019), ragione per la quale gli adeguamenti di età e dei contributi sulle pensioni anticipate e di vecchiaia del 2021 sarebbero pari a zero.
Quota 100 e 41, pensione anticipata Fornero, pensioni vecchiaia: come verificare uscita
Le ultime rilevazioni a consuntivo dell'Istat contrasterebbero, pertanto, con i dati immessi preventivamente sui quali si erano determinate le tabelle di uscita della pensione anticipata e delle pensioni di vecchiaia. Le stime precedenti, infatti, prevedevano un adeguamento di tre mesi sia per la pensione anticipata che per quella di vecchiaia. Ragione per la quale, le uscite della pensione di vecchiaia del 2021 e del 2022 erano previste all'età di 67 anni e tre mesi, facendoci rientrare i nati entro il 30 settembre del 1954 (per il 2021) ed i nati entro fine settembre del 1955 per il 2022. Lasciare invariata l'età di uscita per la vecchiaia a quota 67,3 significherebbe che, per il 2021, potrebbero andare in pensione i nati entro dicembre del 1954 e, per il 2022, i nati entro dicembre del 1955.
La pensione anticipata prevista dalla riforma Fornero, quella dei soli contributi, prevederebbe, invece, l'uscita con quota 43,3 anni di versamenti, lasciando inalterato lo sconto di un anno per le donne. Lo stop all'adeguamento delle pensioni agli indici della speranza di vita dell'Istat rimanderebbe ad alcune considerazioni anche in merito alle proposte di modifica della riforma Fornero del M5S e della Lega. Infatti, per la pensione anticipata a quota 100 occorrerebbe verificare gli anni di contributi versati, ma con 40 si uscirebbe anche all'età di 60 anni, risparmiando fino a 7 anni rispetto alla pensione di vecchiaia. Meno evidente sarebbe il risparmio rispetto alla quota 41 dei lavoratori precoci.
Infatti, rispetto alla pensione anticipata prevista dalla Fornero, gli uomini risparmierebbero all'incirca due anni di lavoro, ma le donne, considerando che la stessa quota 41 è prevista in aumento dal 2019 (quota 41,5), lavorerebbero appena dieci mesi in meno.