Le cattive notizie in materia previdenziale sembrano non finire mai. Mentre nelle stanze del Governo si continua a lavorare sulle ormai famose misure del pacchetto previdenziale del nuovo Esecutivo, cioè quota 100 e quota 41, in Gazzetta Ufficiale è stato pubblicato un decreto molto importante venerdì 8 giugno. Si tratta di un decreto che di fatto taglierà le Pensioni per coloro che ci andranno a partire dal prossimo 1° gennaio. Una riduzione di assegno previdenziale per via di un meccanismo che, come spiega un articolo del quotidiano “Il Giornale”, venne confermato dalla riforma Fornero e si andava a sommare alle riforme precedenti.
Un meccanismo che, secondo il quotidiano, non è presente in nessun altro paese o sistema previdenziale dei paesi UE. Ecco di cosa si tratta e cosa devono aspettarsi i futuri pensionandi.
Effetto coefficienti
Un taglio superiore all’1% di media, ma che, per qualcuno, arriverà anche al 2%. Tradotto in soldoni, anche 300 euro in meno di assegno previdenziale per chi andrà in pensione nel 2019, rispetto ad uno che è riuscito ad accedere alla quiescenza quest’anno. Un taglio superiore per quelli con età più elevata è quanto in sintesi espone una attenta analisi di questa novità da parte del quotidiano “La Repubblica” con un articolo del 9 maggio. È l’effetto dei coefficienti di trasformazione dei contributi in pensione, che da anni ormai assumono più importanza perché gli assegni previdenziali vengono calcolati, per la maggior parte, con il sistema contributivo.
Il meccanismo
Il decreto appena pubblicato in Gazzetta, non fa altro che recepire l’aggiornamento periodico delle tabelle da parte del ministero del Lavoro. In pratica, vengono aggiornate le tabelle che fissano i coefficienti minimi di trasformazione del montante contributivo. Si tratta dei valori che vengono applicati al totale dei versamenti previdenziali da parte del pensionando durante la sua vita lavorativa e che vengono rivalutati in base ai dati Istat su inflazione e crescita economica.
Si tratta di valori crescenti in base all’età del richiedente la pensione e sono tanto più alti quanto maggiore è l’età del pensionando, nella forbice compresa tra i 57 ed i 71 anni.
Le cifre
In definitiva, si tratta di una sfortunata penalizzazione a cui saranno soggetti i lavoratori che non sono riusciti a centrare la pensione nel 2018 e che lo faranno a partire dall’anno venturo.
Va ricordato che questi coefficienti interessano la parte di pensione calcolata con il sistema contributivo che, a dire il vero, dal 2012 interessa più o meno tutti i lavoratori. Vengono salvaguardati solo coloro che nel 1995 avevano già completato 18 anni di lavoro coperto da contribuzione, perché l’applicazione del penalizzante sistema varrà solo per i contributi versati dopo il 2012. Per tutti gli altri, invece, l’applicazione del calcolo di pensione con il sistema dei contributi ha la sua applicazione per i versamenti avvenuti a partire dal 1996. Un meccanismo questo che continua a vessare gli italiani che, secondo i dati del quotidiano Il Giornale, ha ridotto gli assegni previdenziali di oltre il 12% nell’arco temporale dell’ultimo decennio.
Tutto questo per conseguire il solito obiettivo della riduzione di spesa pubblica che rende necessario, come dice la Ragioneria di Stato, ridurre le pensioni in base all’aumento della vita media, secondo quell’altro antipatico meccanismo che è l’aspettativa di vita.