Stop alla busta paga in contanti. Il primo luglio entra in vigore il divieto, previsto dall’ultima legge di Bilancio, per il pagamento in contanti, da parte dei datori di lavoro, delle retribuzioni e degli anticipi. L’obbligo della tracciabilità si applica a tutti i tipi di rapporto di lavoro ad esclusione di quelli riguardanti i lavoratori domestici, come badanti, baby sitter e colf, e di quelli con la Pubblica Amministrazione,per la cui liquidazione sarà ancora consentito l'uso dei contanti.

Per i datori di lavoro che trasgrediranno a queste nuove regole in materia di pagamento delle prestazioni lavorative sono previste multe da mille a 5 mila euro.

Mai più busta paga in contanti: scatta l’obbligo della tracciabilità

Mentre si riapre il dibattito sull’opportunità di eliminare ogni limitazione all’uso dei contanti, some sollecitato dal ministro Salvini, ed in attesa di verificare se questa nuova tendenza si trasformerà in specifiche norme (o abolizione di quelle esistenti), il prossimo primo luglio entra in vigore una norma introdotta dal precedente governo Gentiloni che va esattamente nella misura opposta in quanto prescrive il divieto, a carico dei datori di lavoro, di retribuire i propri dipendenti e collaboratori con buste paga in contanti.

La norma era stata studiata, secondo quanto illustrato dalla relatrice della proposta di legge, la deputata Titti Di Salvo del Partito Democratico, allo scopo di "prevenire gli abusi" ed evitare le "truffe" delle false buste paga, vale a dire il diffuso malcostume attraverso il quale alcuni imprenditori corrispondono al lavoratore retribuzioni in contanti inferiori a quanto riportato dalla busta paga e che i dipendenti sono costretti ad accettare magari sotto il ricatto del licenziamento o della non assunzione.

Una norma a tutela, sottolinea la Di Salvo, non solo dei lavoratori ma anche degli imprenditori corretti che devono fronteggiare la concorrenza sleale di chi, attraverso pagamenti irregolari ai propri dipendenti, accumula fondi in nero per la propria attività.

Dal primo luglio 2018, quindi, i pagamenti relativi a rapporti di lavoro potranno essere regolati esclusivamente attraverso i seguenti sistemi tracciabili:

  • bonifico bancario o postale;
  • accredito su carte ricaricabili;
  • pagamento in contanti, previo uno specifico mandato di pagamento, che il lavoratore incasserà direttamente allo sportello postale o bancario cui fa riferimento il conto corrente dell'imprenditore;
  • assegno consegnato al dipendente o ad altra persona da lui delegata (coniuge o altro familiare o convivente) nel caso in cui il diretto interessato abbia un impedimento (es. malattia).

Multe di 5 mila euro per i datori di lavoro che violeranno il divieto

L’obbligo di tracciabilità riguarda tutti i tipi di lavoro

subordinato, incluse le collaborazioni coordinate e continuative (co.co.co), i lavori a chiamata o stagionali e tutti i contratti instaurati dalle cooperative con i propri soci e si applica sia al saldo che all’eventuale anticipo della busta paga.

Sono previste le sole eccezioni per i rapporti di lavoro con la Pubblica Amministrazione e le prestazioni di lavoro famigliari (colf, baby sitter, badanti, eccetera).

La legge che istituisce il divieto della busta paga in contanti prevede anche sanzioni a carico dei datori di lavoro che non rispettano l’obbligo di tracciabilità, sotto forma di multe che possono andare da mille a 5 mila euro. Obbligo che si intende violato anche nei casi in cui il pagamento non dovesse andare buon fine a causa, ad esempio, di un successivo annullamento o revoca.

Viene inoltre stabilito che l’unica prova giudiziale ammessa sarà la tracciatura del pagamento in quanto viene espressamente specificato che non potrà essere presa in considerazione, come prova dell’avvenuto pagamento dello stipendio, la firma apposta dal lavoratore sulla busta paga.