A dire il vero quota 100 non è ancora una misura previdenziale in vigore, anzi, siamo ancora alla fase embrionale. Il Governo Conte, da poco formatosi, tra i provvedimenti urgenti ne ha inseriti diversi in materia previdenziale e tra questi, quota 100 sicuramente è quello più interessante. Si tratterebbe di una misura che offrirebbe maggiore flessibilità in uscita dal lavoro, anche se nelle ultime ore, indiscrezioni e previsioni lasciano pensare che si tratterà di una misura vincolata a determinati parametri di età e forse di tipologia di contribuzione versata.
In attesa che dalla semplice idea si passi ad una vera e propria misura previdenziale, siti, giornali ed esperti hanno già messo nero su bianco i pro ed i contro di questa probabile novità pensionistica. Da questi continui studi, emerge che probabilmente, quota 100 a fronte di un evidente e importante anticipo di pensione, chiederà ai neo pensionandi un sacrificio a livello di assegno previdenziale da percepire.
La misura e come dovrebbe funzionare
Su quota 100 ormai si sa quasi tutto, perché già durante la campagna elettorale si è fatto un gran parlare di questo provvedimento. Dalla campagna elettorale al contratto di Governo, cioè dalle promesse durante il periodo pre-elettorale, alla realtà di oggi, con i provvedimenti che iniziano ad essere lavorati, quota 100 è già nettamente cambiata.
Come era probabile che fosse, la misura inizialmente prevista si è presto scontrata con la dura realtà della sostenibilità del sistema, delle casse statali e della spesa pubblica. Il meccanismo di uscita è rimasto invariato, con la necessità di arrivare a 100 sommando età anagrafica e contribuzione versata. Si ipotizza però che ci vorrà una età minima da raggiungere e sempre ipoteticamente, dovrebbe essere fissata a 64 anni.
Fosse già in vigore, la misura così come nasce da queste indiscrezioni permetterebbe il pensionamento a chi ha 64 anni e 36 di contributi, 65 anni e 35 o 66 e 34. Per chi è sotto i 64 anni, bisognerebbe attendere i 67 anni che dal 2019 saranno l’età giusta per la normale pensione di vecchiaia che necessita anche di 20 anni di versamenti previdenziali.
Per lo stesso ragionamento è evidente che un 67enne, con o senza quota 100, andrebbe comunque in pensione rendendo per lui, la novità inutile. Inoltre, va considerato il fatto che come si pensa di fare con quota 41, anche quota 100 avrebbe un limite ai contributi figurativi utili ai fini del requisito. Se ne potrebbero utilizzare al massimo 2, un paletto abbastanza pesante per lavoratori stagionali, edili, agricoli o donne, tanto per citarne alcuni, che non possono garantire carriere contributive lunghe e continue.
Assegni più bassi
Quando si parla di misure previdenziali e uscita anticipata, si deve sempre fare il conto con una penalizzazione in termini di importo delle Pensioni. Una cosa già successa con opzione donna durante il suo finora unico biennio di sperimentazione, oppure con l’Ape sociale.
Nel sistema non lo è mai stato e mai sarà possibile, non rimetterci nulla a fronte di qualche anno di anticipo di pensione. Il sistema di calcolo degli assegni, cioè il contributivo non esenta chi lascia il lavoro in anticipo, dal taglio di pensione che nasce da un minor versamento di contributi per tutti gli anni di anticipo. Al riguardo sono eloquenti due articoli di due noti quotidiani a tiratura nazionale, “Il Giornale” ed “Il Corriere della Sera”. Per entrambi, la quota 100 significa assegni più bassi. Il Corriere per esempio parla di baratto soldi-lavoro, perché tanto prima si lascia il lavoro con la quota 100, tanto meno si percepisce di assegno. Un taglio maggiore per i più giovani che se davvero nascesse la misura, potrebbero lasciare il lavoro un quinquennio prima, ma con taglio di oltre 200 euro al mese. Taglio che ripetiamo deriva dal sistema di calcolo delle pensioni e pertanto, più tardi si esce dal lavoro, maggiori contributi si versano e meno ci si rimette di assegno pensionistico.