Non solo quota 100 per riformare la tanto odiata Legge Fornero entrata in vigore dal 2012. Nei piani dell'esecutivo anche il taglio delle Pensioni d'oro, ovvero quei trattamenti oltre i 4 mila euro mensili (80 mila euro lordi l'anno) per finanziare l'aumento delle pensioni minime e degli assegni sociali.
Taglio tra il 10 e il 20% sugli assegni oltre i 4 mila euro
Una proposta di legge è stata lanciata dal deputato del Movimento 5 Stelle Francesco d'Uva e dal deputato della Lega Riccardo Molinaro secondo i quali sarebbe un intervento equo, sostenibile e proporzionale.
Secondo quanto riportato da "Tgcom24", infatti, la norma porterebbe ad un taglio definitivo tra il 10 e il 20% che sarà applicato ai nuovi trattamenti a partire dal 2019.
Tale proposta, però, andrebbe a colpire circa 158 mila pensionati che andranno incontro ad una decurtazione dell'assegno previdenziale pari al 10-20% in base all'età con cui hanno lasciato l'attività lavorativa per andare in quiescenza. Secondo la proposta presentata da Molinaro e D'Uva, però, non subiranno alcuna penalizzazione gli assegni previdenziali al di sopra dei 4 mila euro mensili corrisposti a coloro che hanno avuto accesso al pensionamento dopo i 65 anni di età anagrafica. Stando alle stime dell'esecutivo, la misura dovrebbe portare a risparmi per circa 500 milioni di euro annui anche se, con molta probabilità la legge permetterà di reperire solo 300 mila euro all'anno.
L'intervento penalizza le donne
Tuttavia, la legge sul taglio delle pensioni d'oro penalizzerebbe soprattutto le lavoratrici visto che difficilmente riusciranno a raggiungere l'età pensionabile. Stando a quanto riferito da "Today", infatti, per le donne il taglio sarà più consistente poiché hanno lasciato il lavoro prima dei 65 anni.
"Insomma con questo ddl si colpiscono anche le pensioni di vecchiaia, un pasticcio da dilettanti", ha affermato il deputato di Forza Italia Renato Brunetta criticando la proposta di legge presentata dagli esponenti di Lega e Movimento 5 Stelle.
Spunta l'ipotesi sulla Quota 42
Intanto, si comincia a lavorare anche sulla famigerata quota 42 che andrà ad affiancare il meccanismo di quota 100; una misura data ormai per certa che consentirebbe il pensionamento dopo il raggiungimento di almeno 64 anni di età anagrafica unitamente ai 36 anni di versamenti contributivi.
Il Governo Conte, sembrerebbe concentrarsi anche sulla quota 42 che, invece, garantirebbe il pensionamento anticipato al raggiungimento di almeno 42 anni di contributi indipendentemente dall'età anagrafica.