Scatta l’allarme nella sanità pubblica, troppe le potenziali uscite dei medici se passasse la quota 100 come ipotizzata dal Governo. All'improvviso, mette in guardia il sindacato dei medici Anaao Assomed, tanti potrebbero uscire e mancherebbe un opportuno ricambio, le corsie si svuoterebbero e i giovani specializzandi non basterebbero a coprire il ‘buco‘ lasciato, ragion per cui, avvertono, è necessario aprire una stagione di assunzioni.
Pensioni: allarme del sindacato medici, con quota 100 serviranno nuove assunzioni
Con quota 100 uscirebbero i nati dal 1954 al 1957, oggi invece vanno in pensione quanti sono nati nel 1952/53: il sindacato evidenzia come con il nuovo meccanismo di uscita anticipata in poco tempo più di 25000 (ma c'è chi parla di numeri ancora più alti) medici e dirigenti sanitari potrebbero uscire dal lavoro ed entrare in quiescenza, mettendo a rischio la qualità generale del sistema sanitario perché non vi sarebbe il tempo per trasferire le esperienze di pratica clinica ai giovani.
Ad oggi, ricorda il sindacato, i medici ed i dirigenti escono ad un'età media di 65 anni, grazie anche ai riscatti della laurea e della specializzazione. Se da un lato vi è chi chiede al Governo di trovare soluzioni non tanto per non mandare in pensione i medici, ci mancherebbe altro, ma per garantire i medesimi standard qualitativi ai cittadini, ossia garantendo nuove assunzioni, dall'altro vi è chi vorrebbe essere ricompreso, e rischia invece, per l’ennesima volta, di essere messo al palo. Tra questi i 'quarantunisti' e le donne che potrebbero non avere vita facile con la nuova manovra.
Precoci in allarme: ma i contributi non contano?
Questo si stanno domandando invece i numerosi lavoratori che hanno alle spalle già 40/41 anni di contributi e che corrono il rischio, anche questa volta, di finire per esser beffati dal Governo.
Già, perché la quota 100, se le intenzioni e le indiscrezioni fossero confermate, sarebbe fruibile solo da chi ha almeno 2 requisiti: uno anagrafico, 62 anni, che per i precoci pesa come un macigno, ed uno contributivo, 38 anni, per loro ampiamente superato e frutto di frustrazione e senso di ingiustizia. I precoci infatti affermano che i contributi sono stati profumatamente versati e la pensione, dunque, a loro avviso risulta già maturata.
Con 38 anni di versamenti e 62 anni d’età si può accedere alla quiescenza, mentre paradossalmente con 41 e 59 no. A saperlo, commentano sui social i lavoratori precoci, era meglio non andare a lavorare così presto.