Continuano a pervenire numeri sulle domande di pensione per la quota 100 che in queste settimane molti lavoratori stanno producendo all’Inps. La misura è un autentico scivolo di pensione anticipata a partire dai 62 anni di età. Un modo per dribblare i pesanti requisiti per le Pensioni anticipate o di vecchiaia che la legge Fornero ancora oggi impone. La misura valida per il prossimo triennio, cioè dal 2019 al 2021 sta riscuotendo un notevole appeal. Dalle statistiche di uno studio dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio però escono fuori numeri particolari che dimostrano come la quota 100 pura, quella appannaggio di soggetti con 62 anni di età e 38 di contributi (le due soglie minime) non è la combinazione più presente tra i potenziali fruitori della misura.
I puristi di quota 100 sono pochi
Quando si parla di quote in materia previdenziale si fa riferimento a misure pensionistiche che si centrano quando sommando età e contributi si arriva ad una determinata soglia. Quota 100, avendo due soglie minime da centrare come requisiti anagrafici e contributivi, non è libera per tutti. Da uno studio dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio esce fuori che la quota 100 pura, quella appannaggio di soggetti con 62 anni di età e 38 di contributi non è la combinazione più diffusa tra quanti andranno in pensione con la nuova misura. Solo l’1,9% della popolazione riuscirà a sfruttare il massimo anticipo concesso dal nuovo canale di uscita dal lavoro.
È quanto emerge dallo studio dell’Upb come riportato da diversi organi di stampa tra i quali l’agenzia “Adnkronos”.
Molti lavoratori infatti si trovano con età superiore ai 62 anni e con carriere lavorative con correlativi contributi versati superiori a 38 anni. Il 98,1% della popolazione in orbita quota 100 infatti ha già superato le due soglie minime previste dalla misura. La combinazione più frequente è quella di quota 104 che è pari al 19,4% dei potenziali neo pensionati con la quota 100.
In una ipotetica classifica seguono i quota 105, i quota 103 ed i quota 106. Solo quota 109 e 110 sono combinazioni che presentano numeri di aspiranti pensionati inferiori alla quota 100 perfetta.
Gli effetti della Fornero sui numeri dell’Upb
La legge Fornero ha spostato in avanti i requisiti di accesso alle pensioni costringendo i lavoratori a restare in servizio per più anni e quindi ad età più avanzate e con periodi di copertura contributiva più elevati.
I dati dei potenziali nuovi pensionati con quota 100 dimostrano tutto l’effetto della riforma del governo Monti. Molti lavoratori hanno già diversi anni di lavoro in più dei 38 previsti dalla quota 100 e sono più grandi di età rispetto alla soglia minima dei 62 anni. Ecco perché nella platea dei potenziali fruitori della misura, sempre dai dati dell’Upb esce fuori che oltre il 98% ha soglie superiori alle due minime fissate. Solo il 18% circa della popolazione interessata da quota 100 lascerà il lavoro a 62 anni di età e solo il 9,7% lascerà il lavoro con solo 38 anni di contributi. La nuova via di quiescenza sarà sfruttabile per il 27% da soggetti con 63 anni di età, per il 22% da soggetti con 64 anni e via via a scendere fino a 66 anni, cioè coloro che lascerebbero il lavoro solo un anno prima di raggiungere l’età per la pensione di vecchiaia a 67 anni. Per quanto concerne i contribuiti versati invece, il gruppo più numeroso stando ai numeri dello studio è quello relativo a soggetti con 41 anni di contributi che incide per il 23,5%.