Stasera alle ore 21 al Teatro Paisiello di Lecce, nell’ambito della residenza artistica di Astràgali, supportata dalla Regione Puglia e dal comune di Lecce, nuovo spettacolo basato sulla vita dell’artista messicana Frida Kahlo, di e con Aurelia Cipollini che ripercorre la vita di una delle artiste più amate e conosciute del Novecento, sullo sfondo di un paese, il suo, sfaldato dalla Rivoluzione.

Una vita quella di Frida, fustellata da immense sofferenze, molte delle quali anche fisiche e delusioni cocenti come pure straordinarie passioni vissute senza riserve, riportate sulla tela e nei suoi scritti che le hanno donato l’immortalità.

Liberamente tratto dalla biografia del 1983 di Hayden Herrera “Frida. Vita di frida kahlo”, tradotto in Italia da Maria Nadotti per Neri Pozza, lo spettacolo si propone di mostrare una Frida diversa dal personaggio conosciuto superficialmente: intende cogliere la persona, superando l’immaginario collettivo fatto di stereotipi.

I dolori segnano l’artista messicana

Nasce nel 1907 in un sobborgo di Città del Messico; ammalata di spina bifida, erroneamente scambiata per poliomielite, sopravvive ad un incidente stradale a diciotto anni, che la lascia disabile e costretta a sopportare tremendi spasmi per tutta la vita ma che non le impediscono di rimanere follemente innamorata della vita. Donna minuta, fiera e profondamente intelligente, si strugge per il pittore DiegoRivera che pur amandola, la tradisce continuamente, addirittura con la sorella.

Capace di slanci impetuosi e nel tentativo di lenire la disperazione per le infedeltà del marito, non respinge diversi amanti tra i quali alcune donne ma qualche anno dopo il divorzio, lo risposa. Legatissima alle sue origini, indossa solo abiti tradizionali, ama dire dire di essere nata nel 1910 perché si sente profondamente figlia della rivoluzione messicana di quell’anno e del Messico moderno.

La maternità negata a causa della frattura al bacino subita durante l’incidente mai superata, è spesso raffigurata nelle sue opere. Frida si interroga spesso sul valore e i perché della sua esistenza e dell’amore stesso; dal dolore e dall’amore, si lascia travolgere e assorbire completamente.

Io ti cielo, diceva Frida

“È lecito inventare verbi nuovi?

Voglio regalartene uno: io ti cielo, così che le mie ali possano distendersi smisuratamente per amarti senza confini”, diceva. La scelta della regista Aurelia Cipollini sul titolo dello spettacolo non è dunque un caso: vuole sottolineare l’amore dell’artista messicana per la vita, la sua terra, per Diego e per l’amore stesso. Scopre Frida nel 2015, quando una coinquilina le consiglia un libro “Viva la vida!” di Pino Cacucci: si immerge nel suo mondo, ne studia il vissuto, le amicizie, le opere. Da qui la consapevolezza che “Frida ha dato la vita a quel che amava. Nulla ha risparmiato, tutta si è data”, spiega. Sviluppa perciò un testo che ripercorre il personale e profondo sentimento di Frida per il suo universo; sceglie brani appartenenti alla tradizione messicana eseguiti dal chitarrista e cantante Massimo Donno e dal batterista e percussionista Francesco Pellizzari che "con la loro professionalità donano spessore all’intero spettacolo", tiene a precisare la Cipollini. La voce registrata è di Tomàs Acosta.

Una visione più personale ed intima di Frida Kahlo, come creatura eletta, che permetterà a chi non lo fosse ancora, di innamorarsene.