Nelle scorse ore Blasting News ha intervistato in esclusiva Marco Perillo, giornalista e scrittore autore del libro 'Breve storia di Napoli', che comprende oltre 2500 anni di storia della città partenopea. Il volume, edito da Newton Compton Editore, è uscito l'11 novembre e verrà presentato il prossimo 10 dicembre alla libreria Ubik, in via Benedetto Croce 28 a Napoli.
L'intervista a Perillo
Tante sono le sue opere su Napoli nel corso della sua carriera: questa cos'ha di speciale rispetto alle altre?
"Napoli è una città che non si finisce mai discoprire e che ha innumerevoli e speciali storie da raccontare.
È una miniera inesauribile, un pozzo senza fine, un patrimonio di cultura e di bellezze. Le sue stratificazioni dovute alle diverse dominazioni storiche le hanno lasciato una ricchezza indicibile alla quale poter attingere. Raccontare Napoli significa narrare una città-mondo, una metafora dell'Europa intera, imbattersi nelle vicende più significative della storia. La città, come una spugna, ha saputo in 2500 anni intercettarle quasi tutte. Napoli è senz'altro un punto privilegiato dal quale poter guardare alla vita".
Crede che l'annessione al Regno d'Italia sia stato decisivo per l'arresto della crescita di Napoli?
"Il punto è questo: Napoli è nata per essere una grande capitale. E lo è stata per secoli.
Essere ridotta a una delle tante città italiane, per altro trascurata dal punto di vista economico e imprenditoriale, sia per colpe nostre che degli svariati governi succedutisi dall'Unità in poi, l'ha certamente ridimensionata rispetto al ruolo che essa aveva assunto nella storia. Pensiamo se un giorno città come Londra, Parigi, Vienna o Madrid si trovassero a non essere più capitali.
Cosa accadrebbe al loro patrimonio storico, alla loro organizzazione, andrebbero sicuramente in tilt e da ciò scaturirebbe un cortocircuito sociale, com'è accaduto a noi col dilagare di fenomeni come l'emigrazione di massa o l'affermazione della camorra, che prima dell'Unità erano senz'altro sconosciuti. Certo, c'erano problemi di povertà e soprattutto di limitate libertà anche coi Borbone, i quali non hanno saputo guardare oltre, non si sono aperti alle istanze innovative della Storia e sono stati spazzati via.
Oggi Napoli per restare al passo del presente deve necessariamente tornare capitale. Non di un regno, certamente, ma di qualcosa, in Europa. Che potrebbe essere il turismo, visto il suo smisurato patrimonio di bellezze".
La storia di Napoli, da Masaniello a Maradona
Nella storia di Napoli è compreso anche Maradona: il simbolo per eccellenza delle cadute e delle risalite. Le loro storie si assomigliano almeno un po'?
"Certamente sì. Maradona non è stato soltanto un calciatore, ma rappresenta a pieno metaforicamente la città. È già un personaggio della storia come Masaniello, Caravaggio, Federico II, Roberto d'Angiò, Alfonso d'Aragona, Carlo di Borbone. Per il momento in cui Maradona è arrivato, in una città colpita dal colera e dal terremoto, derisa e disprezzata in tutta Italia e oltre, egli è stato un capopopolo, un fattore di ribaltamento sociale, un nuovo 'genius loci' come la sirena Partenope e San Gennaro.
Il calcio è solo un pretesto: se oggi si parla di Napoli, subito la si associa a Maradona. E Diego è ormai connaturato in questa città, tra altarini votivi e numerosi murales. È religione laica, proprio perché ha incarnato forse l'ultimo sussulto della storia che questa città ha avuto".