Inizia il settimo giorno di disordini per São Paulo, Rio, Fortaleza, Belo Horizonte. Migliaia di manifestanti riempiono le strade, affluendo numerosi come non accadeva da vent'anni, protestando per lo più pacificamente, ma facendo anche registrare danni a negozi ed automobili.

Le grandi città del Brasile, già al centro dell'attenzione per via delle diverse partite della Confederations Cup tenute in questi giorni, hanno attirato con le loro fiumane di manifestanti l'attenzione della stampa di tutto il mondo.

Le manifestazioni sono eccezionali per numero di partecipanti e coinvolgimento popolare, fino all'occupazione dimostrativa del Parlamento, a Brasilia, da parte di duecento manifestanti, forti della convinzione: "Il parlamento è nostro".

Tutta quest'acredine è rivolta al governo della presidente Dilma Rousseff ed è stata scatenata da una "piccola" causa occasionale: l'aumento del prezzo per viaggiare sui mezzi pubblici.

Questa scintilla è riuscita a dar fuoco alle polveri di un malcontento (finora) strisciante e di certo preesistente: infatti, all'aumento dei costi per i trasporti pubblici fanno da contraltare le spese faraoniche per i Mondiali di calcio del 2014. La spesa prevista di 15 miliardi di dollari è avvertita come inopportuna e offensiva dal popolo che non ritiene soddisfatti i propri bisogni primari o quantomeno prioritari rispetto ad una manifestazione sportiva, e le critiche riguardano in particolare le carenze del sistema sanitario e le forti disuguaglianze sociali che affliggono le fasce più basse della popolazione.

Benché quello di manifestare pacificamente sia un diritto riconosciuto dalle autorità brasiliane e naturalmente attestato come caratteristica della democrazia, contro i manifestanti fin dal primo giorno sono state dispiegate delle forze antisommossa, arrivando a veri e propri atti repressivi attraverso il lancio di lacrimogeni e lo sparo di proiettili di gomma da parte delle forze dell'ordine, al fine di scoraggiare e disperdere i manifestanti.