Stagione tragica
Mentre sullo schermo sisusseguono le immagini dei tafferugli dipiazza e lo speaker del telegiornale fa il resoconto della giornata di protesta, è inevitabileritornare con la mente ad altri anni. Quelli che hanno dato il via a una stagione tragica per quasi tutto ilmondo, con una lotta di classe a volte spietata che colpiva senza un precisoprogramma, ma che aveva nell'eversione uno dei punti cruciali. Si era alloranel pieno del boom economico: anche in Italia i disastri della guerra e le ferite che essa avevainferto sarebbero stati accantonati definitivamente.
La trasformazione
L'Italia da nazioneprevalentemente agricola si stava trasformando in una industrializzata,avanzata tecnologicamente, con prospettive di grandi progetti e con ambizioni che andavano ben oltre aquelle che le reali possibilità del Paese potevano realizzare. Una specie dibengodi che però poggiava su basi friabili e soggette a smottamenti distruttivi.Di lì a poco sarebbero cominciate le prime contestazioni a dimostrare che poitutto non era così idilliaco. Per la verità in Italia la protesta arrivò conritardo rispetto alla Francia, per esempio, o al tentativo di Dubcek, con laprimavera di Praga, di inaugurare un periodo di riforme socioculturali finitocon l'arrivo dei carri armati russi che stroncarono ogni velleità di libertàdal regime.
Gli anni della protesta
Erano anni di protesta avasto raggio e con una componente molto eterogenea perché si andava daglistudenti alle femministe, dagli operai ai pacifisti hippy, i famosi figli deifiori. Sono stati anni di metamorfosi per la società di allora, e il mondocambiò per sempre, anche se tutti quei movimentidi contestazione non si organizzarono mai definitivamente in partitipolitici o in potenti lobby.
Ho ancora ben presente lo striscione con cui gliuniversitari francesi attraversavano gli Champs Elisées e che diceva: "Ce n'est qu'un débuts, continuons lecombat" che tradotto vuol dire: non è che l'inizio, continuiamo labattaglia.
Il silenzio tombale
Poi per molti anni un silenzio tombale ha avvolto il mondostudentesco, siamo perfino arrivati a sentir definire i nostri figli "bamboccioni" o "choosy" e adesso?
Ci sono tutti i sintomi di allora con la differenza che nel frattempo molti di queisogni e di quelle aspirazioni sono miseramente falliti lasciando il posto allacinica disillusione che le cose non cambieranno. Parliamo ancora d'ingiustizia sociale, di arricchimentiilleciti, di lotta di classe, dicaste che non abdicano in una situazione di crisi economica che stastrangolando come sempre i più deboli. E nel frattempo sentiamo e vediamo daglischermi televisivi chi può decidere, perché ha gli strumenti che noi gliabbiamo dato per farlo, sindacalisti, politici, grandi imprenditori, giornalisti di fama, economisti e chi più ne ha, più ne metta,propinarci le più disparate cure per rianimare il paziente senza accorgersi cheormai il paziente è quasi morto.
Da una scintilla un furioso incendio
Se solo osservassero i chiari segnali di malesseree ascoltassero le disperate grida diaiuto, si accorgerebbero che la protesta è trasversale, che riguardaindistintamente studenti e operai; casalinghe e impiegati; agricoltori ecamionisti; insegnanti e imprenditori, spontaneamente riunitisi nelle piazze. Eppureloro no, non osservano e non sentono, come sempre si parlano addosso e non ammetteranno, se non a babbo morto, chebasta una piccola scintilla per fardivampare un furioso incendio di cuipagheremo le conseguenze per lunghissimo tempo.