Quello che scatta nella mente del singolo non è un mistero, anzi tutt'altro, per "l'uccisore di se stesso", questo è solo un metodo empirico fondato su due elementi strettamente connessi tra loro: uno è il motivo, l'altro è la ragione, che da come risultato unico il suicidio, con l'assistenza dello Stato Italiano.
I dati di ciò che è avvenuto nell'ultimo anno, ribaltano ogni principio democratico e costituzionale, i numeri fanno paura: sono 151 i caduti della crisi che si sono uccisi per colpa di uno Stato diventato l'istigatore materiale al suicidio che rende impossibile una vita dignitosa a chi vuole onestamente lavorare.
Il fenomeno fino al 2012 si concentrava principalmente nell'area nord-est del paese a causa della maggiore densità industriale, mentre nel 2013 il trend si è uniformato nell'intera nazione dovuto all'incremento vertiginoso dei suicidi, che è raddoppiato. Allo stesso modo aumentano i tentati suicidi, toccando quota 84.
Le motivazioni per chi si accinge a compiere il tragico gesto sostanzialmente sono poche, ma tutte di matrice socio economica: perdita del posto di lavoro, mancanza di denaro, debiti verso l'erario e situazione debitoria insanabile. Aggiungendo che in tutto questo, gioca un ruolo primario, la dignità del lavoratore stesso.
D'altronde i governanti di mestiere che siedono nei palazzi Romani sono gli inventori della dignità perduta.
Sono loro che abbandonando al loro destino tanti padri di famiglia, diventano l'esempio scandaloso di chi non promuovendo leggi di sviluppo economico, induce il singolo alla degradazione delle proprie condizioni sociali, rendendogli irrealizzabile una condotta di vita dignitosa.
Di conseguenza arriva la ragione al suicidio: le vittime della povertà si sentono catapultate per forza Statale in un vorticoso limbo infernale, che senza uscita alcuna trova la fine di ogni male nell'estremo gesto razionalizzante di uccidere se stesso, anche se la ragione di tutto è da imputare alla Repubblica Italiana divenuta il mandante occulto di questa strage silenziosa.
Di una Repubblica che cerca solo di rispettare i vincoli Europei o meglio ancora, mostra i suoli limiti governativi imputando alla legge elettorale il male assoluto, senza effettivamente soffermarsi su quelli che sono i bisogni primari del paese, il lavoro, il rilancio delle piccole e medie imprese e l'assistenza a chi non arriva neanche alla seconda settimana.
Da qualche parte sta scritto "La Repubblica Italiana riconosce a tutti i cittadini, il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto", peccato che tutto ciò è solo un'ibrida utopia, che al momento nessuno ha la capacità di realizzare.
Per qualcuno è difficile capire che senza occupazione non c'è dignità, che senza il rilancio dell'economia reale si rischia di minare la fiducia dell'intera nazione, continuando così il clima d'incertezze potrebbe presto trasformarsi in tensioni socio-rivoluzionarie.
In fondo tutto è iniziato, con gli ultimi i governi di marchio comunista, che sovvertendo ogni principio costituzionale ha dato il via a un austero genocidio di Stato.