Oggi si racconta che le trattative Alitalia-Etihad proseguono perché le banche avrebbero dato il loro "via libera" alle richieste della compagnia araba. Come si sa da mesi, Etihad pone ad Alitalia due questioni di fondo: il numero dei dipendenti, e i debiti che la nostra compagnia ha con le banche. I debiti non sono pochi: oltre 500 milioni di euro, cioè quasi i soldi che gli arabi metterebbero per acquisire il 49 per cento di Alitalia. Per questo Etihad chiede semplicemente di cancellare questo debito, o di trasformarlo in azioni. Ma le banche ovviamente resistono.

I principali creditori di Alitalia sono Intesa e Unicredit, ma ci sono anche altri istituti importanti, come Mps. La notizia di ieri è che il governo (Delrio e anche Lupi via telefono), i vertici di Alitalia e le banche si sono incontrati a Palazzo Chigi. E alla fine la linea è stata: la trattativa prosegue. Ad e Presidente (Del Tochio e Colaninno) hanno mandato pieno per confermare alla compagnia araba che le condizioni poste nei giorni scorsi possono essere esaudite. E il governo, nel comunicato in cui spiegava l'incontro, ieri invitava il management dell'azienda a proseguire "la trattativa sulla base delle positive indicazioni espresse oggi da parte degli azionisti e delle banche".

Insomma: probabilmente i crediti che le banche hanno diventeranno azioni.

Il che vuol dire che le banche fanno, o fingono di fare, un sacrificio. Ma cosa chiederanno in cambio al governo?

Solo pochi giorni fa il Presidente del Consiglio ha difeso con le unghie una delle coperture del decreto Irpef: quella che tassa le banche titolari di quote Bankitalia. Che sono, guarda caso, innanzitutto Unicredit e Intesa Sanpaolo.

Appena ieri l'Ad di Unicredit Ghizzoni, se da una parte rassicurava il governo e Alitalia dicendo che "siamo disposti a fare quello che è possibile fare, che non vuol dire tutto, per aiutare la definizione della trattativa, ricordava che la norma voluta dal governo Renzi per finanziare il decreto con gli ottanta euro (che appunto aumenta la tassazione sulla plusvalenza generata dalla rivalutazione delle quote di Bankitalia) costerà al suo istituto 215 milioni di euro in tasse addizionali nel 2014.

Poiché le banche non sono Babbo Natale, la domanda è semplice: cosa avranno in cambio le banche, dal governo che tanto ha spinto perché facessero il possibile su Alitalia? Non sarà che tra qualche giorno scopriremo qualche nuovo regalo alle banche?

Possibile che l'Abi, e le sue principali associate, non chiedano - in cambio del loro "possibile" e delle loro "indicazioni positive su Alitalia - di rivedere un po' quella norma o di cercare altre compensazioni a ottobre?