Kipling, campione di umorismo e di satira, abbozzando un'analisi tragi-comica dei maggiori popoli europei, così scriveva: "Un inglese? Un imbecille. Due inglesi? Due imbecilli. Tre inglesi? Un popolo". "Un tedesco? Un lavoratore. Due tedeschi? Una birreria. Tre tedeschi? La guerra". "Un francese? Un eroe. Due francesi? Due eroi. Tre francesi? un "menage"". "Un russo? Una bomba. Due russi? La rivoluzione. Tre russi? Nulla". "Un italiano? Un bel tipo. Due italiani? Un litigio. Tre italiani? Tre partiti politici".

Ora, al di là della evidente opinabilità di tutte le generalizzazioni, soprattutto a carattere antropologico o sociologico, resta, tuttavia il dato che l'analisi sugli italiani, soprattutto a confronto con gli altri popoli europei, sia impietosa, ma alquanto vera ed oggi quanto mai attuale.

Presi singolarmente, noi italiani, siamo eccezionali. Santi, navigatori, poeti e così via. Ma nella dimensione comunitaria massima che si identifica con il "popolo" siamo ancora all'anno zero.

Rommel, esaltando l'ardimento dei soldati italiani, scrisse: "Il soldato tedesco ha stupito il mondo, il bersagliere italiano ha stupito il soldato tedesco".

Non a caso uno dei maggiori fautori dell'Unità d'Italia, Cavour ebbe a dire: "Fatta l'Italia, ora bisogna fare gli italiani!". Purtroppo mai progetto politico fu più giusto e finora disatteso.

Non che non ci sia la voglia, ma questa resta sempre come mero auspicio per il futuro. Ci sentiamo "italiani", parte di un tutto più alto ed importante, solo quando gioca la nazionale di calcio.

Ma nella quotidianità viviamo e ricerchiamo più le occasioni di divisione, che quelle di unione, più i punti di distinguo che quelli di contatto.

Ognuno di noi pensa al suo piccolo "particulare", come diceva il grande Guicciardini, giammai al bene comune "generale".

Che ci siano ragioni storiche, politiche ed anche etnico-genetiche che possano giustificare tale nostro italico modo di essere non v'è dubbio, ma che, purtroppo, in periodi di crisi economico-finanziarie, come quello attuale, il nostro Paese sia e risulti ancor più debole ed in balia degli eventi è tragicamente vero.

Klemens von Metternich scrisse: "La parola Italia è una espressione geografica, una qualificazione che riguarda la lingua, ma che non ha il valore politico che gli sforzi degli ideologi rivoluzionari tendono ad imprimerle".

Sta a noi capire se vogliamo essere finalmente italiani, rispettati e presi sul serio, oppure se vogliamo continuare ad essere "spaghetti e mandolino".

La presa d'atto e l'acquisizione di coscienza di popolo passa tanto per le apparenti piccole cose della quotidianità (educazione civica, pagamento delle tasse ecc.), tanto per la difesa dell'italianità a livello politico e sociale, rifuggendo da vuote esterofilie.

Per essere finalmente come i tedeschi, come gli inglesi, come i francesi ed insieme a loro tutti europei. Altrimenti rischiamo di continuare ad essere succubi dei tedeschi, degli inglesi e dei francesi ed europei di secondo ordine.