Mercoledì 11 giugno 2014 sarà accaduto a molti di non ritrovare le consuete trasmissioni informative sui canali televisivi o radiofonici Rai. Non pochi addetti ai lavori, infatti, hanno aderito allo sciopero contro il taglio di centocinquanta milioni di euro, previsto dal governo Renzi. Un commento è d'obbligo: reazione patetica!

Vale la pena esprimere alcune considerazioni.

Secondo quanto dichiarato recentemente dal direttore generale della Rai Gubitosi l'ammontare complessivo del gettito del canone Rai 2013 è stato di millesettecentocinquantasei milioni di euro; il ricavo commerciale di duecentonovantuno milioni di euro.

Cifre, queste, più che utili per tentare di inquadrare il contesto entro il quale si muove la protesta. Cifre enormi.

Non vanno dimenticati poi, l'ammontare dei compensi elargiti a non pochi giornalisti, conduttori e personaggi vari, in occasione di eventi (es. il Festival di Sanremo) o di trasmissioni televisive cult (es. Bruno Vespa per Porta a Porta, Giovanni Floris per Ballarò); la "parentopoli" di più o meno discutibile professionalità esistente ad ogni livello nella sede di Via Mazzini; le numerose trasmissioni, in nome dell'audience, infarcite di prosperose e sgambate vallette di dubbia capacità; l'intreccio malsano, non privo di convenienze reciproche, tra politica e servizio radiotelevisivo pubblico, più volte nel mirino di sbandierate e fantasmagoriche rivoluzioni, nella realtà mai seriamente affrontate; gli sprechi di denaro in nome del progresso (si pensi ad es.

alla recente ennesima "ristrutturazione digitale" dello studio del TG 1 costata "solo" 150 milioni di euro, come riportato dalla stessa redazione).

In un periodo in cui a tutti i servizi pubblici vengono richiesti sacrifici, tagli spesso cospicui, irrazionali e dolorosi per le loro ripercussioni (si pensi alle Asl che si occupano di un bene importante come la salute), questo sciopero appare come un ennesimo vergognoso tentativo di conservazione dello status quo da parte di una casta protetta e consolidata.

Basterebbe agire sui fattori sopra citati per recuperare, probabilmente, molto più di quanto prospettato e salvaguardare coloro che, all'interno dell'azienda, svolgono adeguatamente il proprio lavoro.

Se si considera, infine, che la protesta ha la benedizione solenne di molte sigle sindacali (casta, guarda caso, altrettanto forte e ricca di privilegi) appare davvero difficile non indignarsi, come cittadini e come contribuenti che, regolarmente, pagano il canone. Canone che, chissà perchè, è stato definito tassa obbligatoria.

Rai di tutto, di più….sempre di più.