"Manca la voglia di faticare!" - ha proferito in questi giorni l'arrabbiato Conte nazionale. Peccato che a pronunciare questa frase sia stata una persona che ha lasciato un club ad inizio preparazione "per mancanza di stimoli", con modalità e tempi discutibili, arroganti e, a dir poco, scorretti. Se poi aggiungiamo che, per allenare la nazionale di calcio, lo stesso tecnico ha un contratto esorbitante (alla faccia delle motivazioni!), si può ben comprendere da quale pulpito venga la predica.
Il profeta italico ha poi aggiunto "Se la mentalità non cambia, c'è il rischio che la discesa (di stile e di gioco della squadra) continui".
Tali frasi sarebbero del tutto giustificate, per non dire ovvie, se a pronunciarle fossero persone che, con la loro testimonianza, vivessero ciò che sentenziano. Invece, ci si ritrova ancora una volta di fronte ad un rappresentante dell'esercito dei "viziati moralisti", pienamente integrati in un sistema dorato che non solo, in primis, contribuiscono ad erigere, ma che si permettono pure di contestare.
Parlare di necessità di faticare, di cambio di mentalità, di sacrificio, con una spocchia a dir poco irritante, quando non si è esitato neppure un secondo a richiedere un forte ritocco dello stipendio di per sé già cospicuo (e mai richiesto da alcun predecessore), in un contesto socio-economico lacrime e sangue, significa aver perso completamente e, da tempo, il senso della realtà oltre che quello del comune pudore.
D'altronde, se si pensa che la sera della partita Italia - Croazia, ad alluvione non ancora terminata nelle zone limitrofe allo stadio di San Siro dove si è giocato, gli spettatori erano sessantatremila, si può ben capire come certe affermazioni abbiano buon gioco e si sposino piuttosto bene con una vacuità di contenuti (e di valori) generalizzata nauseante. Un Conte più di nome che di fatto, attorniato da un popolo mediocre che non riesce neanche più ad accorgersi che ad affondare non è la nazionale, bensì, purtroppo, l'Italia intera.