In Italia, il dibattito inerente l'estensione alle coppie conviventi more uxorio, più comunemente definite coppie di fatto, dei diritti, previsti dalla legge, in capo ai soggetti sposati, continua, sebbene con un risalto mediatico minore, a tenere banco. Da anni, oramai, sono moltissimi coloro che, avendo deciso di passare la vita insieme, convivono sotto lo stesso tetto, senza aver avuto, però, il riconoscimento legale dallo Stato attraverso il rito del matrimonio civile (e religioso, a seconda della volontà e delle credenze dei soggetti coinvolti).

Quanto esposto avviene, a volte, strettamente per scelta personale; in altre ipotesi, tuttavia, tale facoltà è negata dalla legge stessa: le coppie composte da soggetti dello stesso sesso, ad esempio, non possono, secondo le disposizioni vigenti in materia, convenire a nozze. Risulta importante ricordare che tale tipo di legame ha ricevuto, in tempi relativamente recenti, il riconoscimento di coppia di fatto per via giurisprudenziale; la Corte d'Appello di Milano, infatti, ha stabilito, con la sentenza n. 7176 del 31/08/2012, che <<nell'attuale realtà politico-sociale, la convivenza more uxorio, intesa quale comunione di vita caratterizzata da stabilità e dall'assenza del vincolo del matrimonio, nucleo familiare portatore di valori di solidarietà e sostegno reciproco, non è soltanto quella caratterizzata dall'unione di persone di sesso diverso, ma è altresì quella propria delle unioni omosessuali, alle quali il sentimento socialmente diffuso riconosce il diritto alla vita familiare propriamente intesa>>.

Sul punto, sono molti coloro che hanno espresso la loro opinione in merito; tra questi, vi sono anche diversi Deputati, i quali, in virtù del mandato conferito loro dal popolo italiano, hanno il compito di legiferare (fattore che rende le loro opinioni piuttosto determinanti). Studiando quanto riportato da diverse fonti (carta stampata, tv ed internet), si può osservare come non esista una linea comune; alcuni sono a favore, altri contro.

Risulta interessante notare, tuttavia, come un certo riconoscimento dei diritti in capo alle coppie di fatto, di cui un membro sia un Deputato, vi sia già da molto tempo. Già dal 1994 infatti, il regolamento per l'assistenza sanitaria integrativa della Camera stabilisce, all'art. 2, che i Deputati possono estendere la loro iscrizione al sistema di assistenza sanitaria anche al convivente more uxorio, <<quando la convivenza perduri da almeno tre anni e risulti da iscrizione anagrafica o da atto notorio>>; lo stesso articolo, inoltre, dispone che il limite citato viene meno <<in caso di presenza di figli minori>>.

Preme sottolineare che, anche a fronte della sentenza precedentemente citata, tale possibilità in capo ai Deputati è stata, nel 2013, estesa, per decisione dell'ufficio di presidenza della Camera, alle coppie dello stesso sesso.

A fronte di ciò, sorge spontanea una domanda: perchè non è ancora iniziato, in Italia, un processo attraverso il quale giungere al riconoscimento dei diritti anche per le coppie di fatto, i cui membri non siano onorevoli Deputati? Due soggetti che hanno deciso di passare la vita insieme meriterebbero, a parere di chi scrive, una degna e completa tutela dalla legge italiana; ciò a prescindere da qualsiasi rito civile e/o religioso e dal proprio sesso. Si spera vivamente che il legislatore decida, un giorno, di concedere a tutte le coppie di fatto la tutela legislativa che meritano.