La festa nazionale francese del 14 luglio celebra la "presa della Bastiglia", evento che rappresenta l'inizio della Rivoluzione francese (1789). La "Bastille" era un'imponente prigione che, agli occhi dei contemporanei, esprimeva lo stato di oppressione sociale ai tempi di re Luigi XVI. La storiografia europea ha da tempo avviato la revisione di alcuni concetti comunemente associati alla Rivoluzione francese (Prof. Adriano Cavanna, "Storia del diritto moderno in Europa, vol. 2).
Gli storici ci informano che le vicende della Rivoluzione sono state un po' troppo romanzate perché, in realtà:
- la Rivoluzione non è stata innescata dal "popolo" ma da coloro che difendevano i privilegi (in particolare, dai "Parliament", i tribunali dell'epoca e soprattutto dal "Parliament" di Parigi);
- la Rivoluzione, nelle sue diverse fasi, non ha accolto i principi dell'Illuminismo;
- durante la Rivoluzione non c'è stata lotta di classe (tra una classe sociale e l'altra).
E la presa della Bastiglia deve essere considerato un evento simbolico perché, quando la prigione fu assaltata, quel 14 luglio del 1789, furono liberati soltanto 7 detenuti.
Era sostanzialmente vuota. Gli studiosi ci dicono che le rivoluzioni fanno sviluppare l'immaginario collettivo a tempo indefinito. Ma si tratta sempre di immaginario.
In Italia si dibatte da anni di "quote rosa" cioè di ruoli di comando riservati al genere femminile allo scopo di stimolare un rinnovamento culturale ed arrivare, finalmente, ad una reale parità di genere in ambito lavorativo. La Legge Golfo-Mosca, numero 120 del 2011, è nata per favorire l'ingresso delle donne nei Board di società quotate in Borsa nonché di società a partecipazione statale. Ma la strada per la parità di genere in Italia è ancora tutta in salita. Senza considerare i ruoli di comando, parlando semplicemente di mercato di lavoro, il "Rapporto annuale ISTAT 2014" mette in evidenza che, sostanzialmente, il numero di donne che lavorano (in qualsiasi posizione) sono la metà degli uomini.
Allora se le donne occupate sono già la metà degli uomini, è chiaro che ancora meno saranno le donne ai posti di comando. A luglio 2014, soltanto una donna (magistrato) su 16 eletti è entrata a fare parte del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM), la dottoressa San Giorgio, che ha raccolto il più alto numero di consensi (2.498).
Il CSM uscente aveva soltanto due donne e quello ancora precedente ne aveva sei. Partendo dal passato, la curva scende da 6 donne a 2 donne all'attuale unica donna. Nessun dubbio che la strada sia ancora lunga e ripida per raggiungere la parità di genere a livello lavorativo.
Concludendo, prima di parlare di quote rosa (l'inizio della rivoluzione e lo sviluppo dell'immaginario) si dovrebbe parlare di politiche di lavoro al femminile perché altrimenti le quote rosa appaiono come la presa della Bastiglia: un simbolo per capire che migliorare si può e si potrà ma se la ghigliottina continua a tagliare teste ogni giorno, certo non sarà quella o quell'altra poltrona occupata da donne (sicuramente bravissime e meritevoli) a rendere le donne felici e soddisfatte. Il dibattito è aperto.