Il Mausoleo funerario di Augusto, monumento romano del I secolo a.C, trasformatosi nel tempo, dopo la caduta dell'Impero dei Cesari in cava di marmi e travertini, in fortezza, in giardino rinascimentale, arena, sala per concerti ed, infine, rudere, nel bimillenario dalla scomparsa del primo effettivo Imperatore romano (che il FAI ha voluto come "testimonial" delle giornate dedicate a cultura e patrimonio artistico italiano) resta esattamente l'ultima delle voci elencate: ovvero un rudere accerchiato dalla spazzatura e dalle poche cose dei "senza fissa dimora" che lo hanno eletto a giaciglio notturno. Tutto questo allo scadere del bimillenario dalla morte di Augusto (a Nola in Campania, il 19 agosto del 14 d.C.). Da settembre 2014, tra convegni, pubblicazioni patinate, apertura di alcuni luoghi augustei (il Foro), app tematiche mirate, Augusto è stato certamente celebrato, ma l'assenza del Mausoleo è quantomeno imbarazzante: il monumento funebre del primo imperatore, senza dubbio il più celebre tra i monumenti voluti da Augusto, oggi è ancora in attesa di restauro. Il colpo d'occhio non è dei migliori: cancelli chiusi e arrugginiti, rovi e rampicanti abbarbicati sulle pareti della vetusta struttura, recinzioni appannaggio, come dicevamo, dei senza dimora, che le usano quali porta abiti, latrina a cielo aperto per uomini ed animali.


Il cantiere per i restauri c'è stato e ci sarà, così sembrano dire gli addetti ai lavori, fatto sta che sono circa 80 anni che il sepolcro di Augusto è chiuso al pubblico e che l'ultimo, in ordine di tempo, bando di gara per cercare uno sponsor che si attivasse per i lavori è spirato senza un nulla di fatto nel 2012. Dare la colpa - come si sono affrettati a fare politici nazionali, soprintendenti e lenoni vari - al fatto che i finanziamenti ci fossero (4 milioni di euro), ma che a causa della crisi sono stati dimezzati è una classica excusatio non petita che rende l'accusatio vistosamente manifesta. Se poi gli stessi politici - con quelle promesse che sanno di venticello autunnale - aggiungono che certamente sarà "rapidamente predisposta una commissione di crisi per inglobare il restauro del Mausoleo di Augusto in quelli dell'intera area archeologica della città di Roma", ecco che la tragedia si trasforma in commedia, in una commedia degna di Plauto. Quel Plauto che sacrificava la logica e gli equilibri della struttura compositiva alla comicità subitanea della scena, quel Plauto giudicato da Orazio come intento solo ad "intascare quattrini senza curarsi se la commedia caschi o stia dritta". Un giudizio che potremmo tranquillamente attualizzare verso coloro i quali, in questi anni, hanno lasciato che il patrimonio culturale italiano si sgretolasse (Pompei, Ercolano, etc.), senza curarsi d'altro che della loro posizione di potere, salvo poi emettere risibili promesse che con la logica nulla hanno a che fare.