Come si fa a fare buona Scuola assumendo tutti i precari, senza vagli di sorta? Qualche commentatore ha scritto che il governo deve pagare un prezzo per uscire da questa situazione di illegalità dei precari della scuola e per cambiare verso. E, probabilmente, questa lettura della situazione è corretta. Ma la situazione resta scorretta, perché si continua a pensare al bene degli agenti pubblici piuttosto che a quello degli utenti privati. Come al solito, quando una cosa è di tutti, come la scuola, finisce per non essere di nessuno o, peggio, di chi se ne appropria, per non dire se ne approfitta, per fare ciò che vuole.
Sarebbe stato forse meglio che, per rimediare allo sconcio di questo precariato, si desse ai precari della scuola un posto, ovviamente pubblico, ma non necessariamente una cattedra, se non dopo aver verificato che sapessero e volessero fare buon uso di un potere delicatissimo, come è quello della formazione dei nostri giovani. Facendo una provocazione come, in tempi lontani, fece Vittorio Sgarbi, dicendo che la scuola italiana andava chiusa, cosa che in giro per il mondo avviene realmente, si potrebbe dire che per la nostra scuola andrebbe avviato un percorso di rinnovamento basato sui valori, che non vuol dire l'astratto merito giudicato non si sa da chi e come.
In altri termini: la scuola italiana andrebbe messa sul mercato, ovvero andrebbe aperto un vero e proprio mercato dell'istruzione nel quale far confrontare operatori pubblici e privati per vedere, così, se la concorrenza, come sempre avviene, giova alla qualità del prodotto e riesce a soddisfare meglio il pubblico, le famiglie e gli alunni.
Chiaramente, se si può fare riferimento all'idea dei buoni scuola, non è per favorire le scuole paritarie o per indulgere a una scuola "facile", ma per poter avere, finalmente, scegliendo liberamente, un servizio più in linea con le esigenze del mercato del lavoro corrente e del futuro, anche uscendo dalle sole enunciazioni della formazione lungo tutta la vita.
Intanto, avendo compreso che i grandi musei non possono essere gestiti efficacemente dai sovrintendenti alle belle arti, perché non vogliamo capire che anche le scuole potrebbero essere gestite meglio da dirigenti di azienda? Ce ne sono tanti a spasso.