Probabilmente questa è la domanda più "inflazionata" degli ultimi anni, tuttavia in pochi sono riusciti a dare una risposta. Vi sono stati diversi approcci e diverse strategie con le quali si è cercato di porre un freno a questo scenario terribile che da anni sta funestando le economie dei Paesi occidentali. In America si è cercato di immettere liquidità nel sistema stampando moneta e investendo in infrastrutture e grandi opere, in Europa invece ha prevalso il rigore. Infatti, la FED ha immesso nel sistema americano qualcosa come 8000 miliardi di dollari, questo ha ovviamente permesso di salvare le banche che si trovavano in difficoltà, ma ha anche permesso al PIL americano di ripartire nonostante questo rilevante importo sia stato portato a carico del debito USA che già è uno dei più alti al mondo.

In Europa, come detto, ha prevalso il rigore il quale ha portato ad uno stagnamento dei consumi, e alla conseguente deflazione.

Il nostro Paese, che sta ancora pagando il prezzo di non aver saputo attuare una seria politica energetica negli anni '70, deve puntare maggiormente in quei settori che lo vedono unico al mondo. Dobbiamo cercare di far diventare l'Italia un punto di riferimento per tutti coloro che ricercano l'eccellenza nella moda, nel gusto, nel design, nella storia, nella bellezza. Il nostro Paese dovrebbe investire maggiormente in questi settori. Girando per le altre capitali europee, si vede come investano maggiormente nella cultura: basti pensare ai musei londinesi, tutti perfettamente automatizzati con una grande quantità di attrazioni interne che li rendono appetibili dai turisti nonostante poi non abbiano molto da offrire dal punto di vista dei contenuti.

Oppure penso ai vecchi giacimenti minerari nella regione tedesca della Ruhr, un tempo luogo di inquinamento con acciaierie e miniere, oggi trasformata e riqualificata tanto che nel 2010 è stata insignita del titolo di Capitale Europea della Cultura: in particolare è stato realizzato uno stupendo museo avveniristico dove è possibile ripercorrere i percorsi fatti dai vecchi operai che scendevano sotto terra per andare ad estrarre il carbone.

Dovremmo cercare di valorizzare il nostro grande patrimonio culturale che vede il territorio italiano ospitare circa 3400 musei, 2100 aree, e 43 siti Unesco. Tuttavia il ritorno economico, che è rilevato tramite un indice, il RAC, che analizza il ritorno economico sui siti Unesco, di un Paese come gli Stati Uniti è circa sedici volte quello dell'Italia anche se hanno la metà dei siti Unesco rispetto al Belpaese.

Da questo si evince che dovremmo cercare di valorizzare il nostro patrimonio artistico e culturale attirando turisti da tutto il mondo.

Il settore culturale incide per il 13% del PIL nel nostro Paaese, inferiore rispetto alla media dei Paesi Europei (14%) e soprattutto molto meno di Paesi come la Spagna (21%) che potremmo agevolmente superare. Forse la ricetta può essere questa, investire su ciò che abbiamo già, per poter poi puntare ad investire su tutti quei settori che ci possono rendere competitivi in un mercato cosi globalizzato come quello di oggi. Infatti investire in settori per noi strategici, come il turismo o la cultura, potrebbe poi avere importanti ricadute su settori come artigianato, agricoltura e industria. È una sfida ardua e difficile che solamente con politiche di lunga veduta si può riuscire a vincere, ma ancora una volta sta a noi tutti impegnarci per riuscirci.