Un testo incompatibile con la Convenzione contro la tortura delle Nazioni Unite. Si legge così nell'ennesimo appello di Amnesty International sull'introduzione del reato di tortura in Italia. Questa pronuncia è stata emessa in merito alla recente modifica del ddl da parte della Commissione giustizia del Senato.
Le modifiche del testo di legge: la reiterazione
Secondo il nuovo ddl, configuererà reato solo nel caso in cui si siano commesse violenze reiterate. Dunque, se il responsabile ha usato violenza per una volta- e poco importa se fisica o psichica- non sarà punito.
In Italia è medioevo
Non si sbaglia l'Associazione Antigone, autori della petizione che ha raccolto più di 50mila firme, che definiscono la pratica della tortura come "medievale". Dopo i fatti accaduti alla Diaz e a tante altre vittime dello Stato, l'opinione pubblica stigmatizza l'uso della violenza da parte delle forze dell'ordine. L'Onu ha accusato il nostro Paese di essere in ritardo di 20 anni rispetto al resto dei paesi occidentali: senza una legislazione e il costante ricorso alla tortura come strumento per "rieducare" i cittadini.
Politica italiana connivente
C'è da aspettarsi che la politica non condanni questa pratica dopo gli slittamenti e le modifiche del ddl per rendere la legge inefficace.
Numerosi esponenti hanno anche giustificato tali azioni. In particolare, Matteo Salvini dichiara che "le forze dell'ordine devono fare il loro lavoro". Per non parlare delle dure parole di condanna contro alcune vittime di Stato, tra cui Federico Aldrovandi. Patrizia Moretti, la mamma di quest'ultimo recentemente ha ritirato la querela contro alcuni politici dichiarando: "Non spenderò più minuti della mia vita per queste persone e per i loro pensieri [...] una fatica soltanto mia che nulla aggiungerebbe utilmente e concretamente a nessuno se non alla loro ansia di visibilità".
Tortura nelle carceri italiane: stupri, botte e condizioni disumane
In Italia si tortura anche nelle carceri. Non solo botte e omicidi da parte della polizia penitenziaria. I detenuti sono considerati cittadini di serie B e non persone da reitegrare come avviene ad esempio in Svezia. Il sovraffollamento, la carenza di servizi e le condizioni igienico-sanitarie delle strutture detentive italiane sono ugualmente forme di tortura.
Secondo un'inchiesta de l'Espresso, i suicidi sono in aumento e i detenuti si tolgono la vita nove volte di più rispetto al resto della popolazione. Grave è anche la negazione sessuale. Se in altri Paesi europei essere in carcere non significa rinunciare alla propria intimità con il partner, qui non è permesso. A questo si collega come conseguenza il fenomeno degli stupri in cella, 3mila all'anno e causa del 40% dei suicidi, secondo Roberto Malini, co-presidente per l'Italia di EveryOne. Le guardie carcerarie sono spesso conniventi.
Le detenute per motivi culturali sono solo il 4% del totale e sono più invisibili perchè il sistema carcerario è sessista. Spesso private della femminilità, dei prodotti di bellezza o per l'igiene.
Questo compromette l'autostima dal momento che la femminilità nella nostra cultura è identificata con l'immagine corporea. E con la maternità. Le donne, infatti, vengono incarcerate anche se hanno figli piccoli a carico, privati della loro libertà o strappati dalla madre. Vittime spesso di doppia riprovazione e ripudiate perché identificate come cattive madri/mogli. Questo anche se una donna non compie reati violenti ma finalizzati all'autonomia economica a causa del gap economico di genere. Molte detenute hanno subito violenze di genere in passato. Questo rende ancora più evidente l'inadempienza statale a garantire i diritti delle donne.
Gli abusi di potere da parte delle forze dell'ordine, la corruzione del nostro Paese, alcuni dei fenomeni gravissimi che ci rendono ben lungi dall'essere un Paese civile che garantisce i diritti umani e la trasparenza dello Stato, nonché lo sviluppo sociale della nostra nazione per il benessere dei cittadini.