A quanto pare, secondo le ultime notizie, Mark Zuckemberg si è rassegnato al fatto che malinconia, ansia, dolore e tristezza facciano parte della vita anche su Facebook. Il fondatore del popolarissimo social network, ha annunciato di recente che presto si potrà utilizzare un tasto contrario al solito "mi piace". Non è un pollice verso, ma un modo per esprimere solidarietà e per abbracciare virtualmente; infatti, in certe occasioni il Like risulta perfino fuori luogo se si condividono notizie come lutti, tragedie, notizie e stati d'animo poco gradevoli in generale.

Potremo comunicare ai nostri amici che il suo stato d'animo è condiviso pienamente

Si pensi, per esempio, al gravissimo terremoto avvenuto in Cile nelle ultime ore. La condivisione delle immagini dei video e le notizie che si susseguono sui fatti sono drammatiche, non ha molto senso esprimere il proprio coinvolgimento cliccando sul Like. C'è da rifletterci comunque. A quanto pare, dall'avvento dei social network, la parola "condividere" è una parola molto usata negli ultimi tempi, forse abusata. Ci sentiamo utili, se non indispensabili, facendo nostre e divulgando ogni genere di immagini, non solo quelle relative ai drammi che accadono ogni giorno nel mondo, come il terremoto in Cile. Condividiamo anche video e foto di bambini maltrattati o uccisi, animali seviziati e donne massacrate, convinti di dare giustizia a quelle povere vittime innocenti e di sensibilizzare il popolo del web.

Un tempo il suo significato era ben diverso.

Se chiedessimo cosa significa la parola "condividere" a una persona anziana, quasi certamente farebbe degli esempi. Racconterebbe storie di gente comune, forse più ignorante rispetto ad oggi ma tanto generosa; e di gesti semplici, carichi di genuina solidarietà. Ricorderebbe con commozione certi momenti vissuti in passato, quando scambiarsi dei favori o invitarsi a pranzo tra vicini era naturale.

Prestarsi attrezzi, utensili vari, darsi una mano nei lavori straordinari, raccogliere abiti, cibarie e denaro per i più bisognosi era un dovere verso tutta la comunità. Cos'è rimasto oggi di quella parola? A pranzo non ci siamo quasi mai. La sera siamo stravolti da un'intensa giornata di lavoro, e il più delle volte invece che accendere i fornelli preferiamo farci portare una pizza, ormai fredda e gommosa, da un extracomunitario mal pagato e scontento.

Non ci interessa fare raccolta di cibo, indumenti, denaro o altro per il nostro vicino, ormai alla canna del gas a giudicare dai sacchetti della spesa che porta a casa, sempre più vuoti.

Al massimo ci togliamo il pensiero donando un euro alle associazioni benefiche

Spesso cerchiamo di sottrarci alla richiesta di aiuto di un parente, magari per ridipingere la casa o altre impellenti necessità; e ci eclissiamo se un amico è stato colpito da una grave malattia, lo stesso con cui abbiamo vissuto momenti speciali o trascorso vacanze in luoghi da fiaba, indimenticabili. Il coinvolgimento emotivo che esprimiamo nei social network, riguardo a molte vicende, spesso si esaurisce in un "clic". Oggi, gran parte delle cose che condividiamo - facilitati anche dall'uso dei moderni smartphone - sono i post e i link di Facebook, i video di Youtube. E il primato di visite lo ha il sito a luci rosse, non il vicino di casa in difficoltà.