Legalizzare il mercato degli organi, in particolare quello dei reni. Questa è la scioccante proposta fatta qualche anno fa dal compianto premio Nobel,Gary Becker. Secondo l’economista, infatti, l’unico modo per aumentare la disponibilità di reni per i trapianti ed evitare, così, le lunghe liste d’attesa e l’aumento dei casi di decesso, sarebbe permettere alle persone interessate di vendere un proprio organo, in un mercato vero e proprio, e con prezzi imposti dalle autorità che si aggirerebbero intorno ai 15mila dollari, circa 11mila euro.
Un'idea che ha scatenato feroci polemiche
Come prevedibile, la proposta ha scatenato una serie di reazioni avverse, poiché contribuirebbe allo sfruttamento delle categorie più deboli che, spinte da necessità economiche, addiverrebbero alla decisione di vendere parti del proprio corpo. Decisamente contraria l’Italia, dove la donazione di organi è lecita solo come atto gratuito, soggetta ad una legislazione precisa che regolamenta gli atti di disposizione del proprio corpo, vietandone la vendita e l’acquisto. Queste pratiche sono considerate eticamente inaccettabili, non solo sulla base dei principi cristiani, ma per il principio morale secondo cui il corpo è fuori commercio. Avallare la proposta significherebbe, infatti, appoggiare l’idea che per migliorare la propria condizione economica ogni cosa sia ammessa, senza alcun rispetto etico o morale.
Tutto legale, siamo iraniani
In realtà, però, la proposta di Becker ha il pregio di aver reso trasparente una pratica che nel resto del mondo è già largamente diffusa. È il web la vera “piazza di spaccio” degli organi, dove spopolano comunità virtuali che pubblicano annunci di ricerca o vendita di organi, sia nella più totale illegalità (come in quasi tutto il mondo), sia nella legalità, come avviene in Iran.
Infatti, ad oggi, questo è l’unico paese dove il mercato degli organi, ed in particolare dei reni con espianto da viventi è legale e, come tale, è regolato dallo Stato.
Coordinatori o broker organizzano il sistema, servendosi di mediatori locali per reclutare donatori, solitamente fra i più poveri o socialmente più deboli. Successivamente, i broker mettono in contatto i compratori con il personale medico, e questi con il venditore.
Il tutto, però, a discapito dei venditori che, per necessità economiche o perché analfabeti, vengono spesso ingannati e male informati, ottenendo solo le briciole di un mercato molto più cospicuo e redditizio.
E i riceventi?
Ovviamente, il mercato degli organi, se da un lato assicura la disponibilità del “pezzo”, dall’altro non ne accerta la provenienza. Chi vende lo fa sempre per necessità, e tale circostanza porta a nascondere eventuali problemi di salute. Infatti i pazienti rischiano, per le scarse garanzie sullo stato di salute degli organi impiantati, di contrarreinfezioni e malattiecome HIV ed epatite.
Il corpo umano come negozio per i pezzi di ricambio può forse andar bene per il cosiddetto "homo oeconomicus" dei libri di economia, non per noi esseri umani, fatti di carne, ossa e organi.