Il referendum sulle trivelle è ormai prossimo ed è ancora tanta, troppa, la confusione. Purtroppo pare esserci davvero poca chiarezza, numeri e statistiche vengono lanciati quasi a caso, per far rumore, per per impressione, per colpire: vere e proprie armi. Strumenti indispensabili perquesta battaglia ideologica che si combatte più sui social network che altrove. Un mare di mezze verità, di falsità, di banali ovvietà: proviamo a smontarnequalcuna.

Referendum sulle trivelle: la questione dei posti di lavoro

La questione dei posti di lavoro è il punto fortedi chi ha tanto a cuore il futuro delle trivellazioni.

Il Presidente del Consiglio ha parlato di 11 milapersone impiegate nel settore, per Assomineraria il numero sale a 13 mila, secondo altri dati saremmo attorno ai 10 mila. Insomma, come detto, pochissima chiarezza.

Realmente si parlerebbe di circa 9 milaposti, ipotizzando la veridicità di questo dato saltano all'occhio alcune semplici conclusioni:

  • Se gli occupati sono 9 mila, i posti a rischio sono molti, molti meno.
  • Pare comunque improbabile il licenziamento di questi in seguito al referendum. Anche perchè il referendum non stravolge la questione idrocarburi in Italia, stabilisce semplicemente che finita la concessione non verranno permessi rinnovi. Inoltrela questione è limitata solamente alla trivellazioni entro le dodici miglia.
  • Nel breve periodo il rischio licenziamento è nullo, inoltreè improbabile credere che una multinazionale come Eni non possa non collocare i suoi dipendenti in altri settori.
  • Infine la manodopera in ambito trivellazioni non è un fattore determinante. Una volta costruita la postazione, la maggior parte dei siti produttivi viene controllato o a distanza o da poche persone.

Insomma la questione posti di lavoro pare opinabile, la vera tragedia, occupazionale e ambientale, si verificherebbe in caso di pesante sversamento in mare.

Non dimentichiamo che il settore del turismo rappresenta il 10% del prodotto interno lordo.

Referendum sulle trivelle: la sicurezza delle postazioni

Altro cavallo di battaglia di chi appoggia le trivellazioni, è la convinzione che il rischio incidenti sia quasi nullo. Ammettendo che questo sia vero, c'è da dire che il problema inquinamento persisterebbe comunque.

Infatti anche le normali operazioni determinano un inquinamento di base, senza che si verifichino per forza incidenti, inoltre il nostro mare è un mare chiuso, quindi smaltire quest'inquinamento non sarebbe cosa semplice e rapida.

Detto questo, ci sarà anche maggiore sicurezza ma gli incidenti continuano a verificarsi sempre e comunque.

Basti pensare alle tragedie ambientali degli ultimi dieci anni: il disastro in Alaska nel 2006, la piattaforma di Statfjord nel 2007, Deepwater Horizon e il Porto di Dalian nel 2010, i fatti accaduti ad Aberdeen nel 2011, la piattaforma Perro Negro sulle coste congolesi nel 2013. Fino ai disastri ambientali degli ultimi mesi, ovvero Santa Barbara, gli sversamenti nel Mar Caspio e l'inquinamento delle coste tunisine. Se questa è sicurezza.

Referendum sulle trivelle: se non ci svegliamo noi, ci penserà la Croazia

Altra grande falsità. Pochi tg ne hanno parlato, ma dalla fine del 2015 la Croazia ha deciso di fermare il fenomeno delle trivellazioni. "Il nostro Paese, per salvaguardare le sue coste, ha bloccato le operazioni di ricerca nel Mar Adriatico, crediamo che anche l'Italia dovrà fare lo stesso", queste le parole di Llija Zelali, delegato dell'ambasciata croata in Italia.

Pochi mesi prima, Francesca Guidi, indagata per lo scandalo dell'impianto Eni di Viggiano, aveva definito impellente il bisogno di trivellare, giustificandosi con un "Dato che tutto il mondo lo fa...". Non c'è neppure il bisogno di commentare, certe dichiarazioni parlano da sole.

Queste sono solo alcune delle tante banalità che viaggiano tra web e tv. Informiamoci, leggiamo, analizziamo i dati, non crediamo a tutto quello che ci viene detto. Facciamo in fretta,il referendum è alle porte.