Dopo le recenti dichiarazioni di Scarlett Johansson, il dibattito sulla monogamia pare essere tornato in auge, quando i fasti sessantottini sono ormai ingialliti nel ricordo del flower power. Non solo le fiabe condizionano la nostra idea di relazioni amorose: da Freud alla Chiesa Cattolica, dalle canzoni alla letteratura, la monogamia eterosessuale ci viene ogni giorno presentata come un pilastro della civiltà.
La nostra società è fondamentalmente monogama. Apparentemente, almeno. Tra divorzi, scappatelle, matrimoni infelici e amanti, il romanticismo cede spesso il posto al disincanto.
Eppure c’è chi, al giuramento di fedeltà, ha preferito un voto nuovo e diverso: quello dell’onestà. Sono i poliamorosi, persone che sperimentano relazioni con più partner, facendo della trasparenza la loro arma contro i mal di pancia della gelosia.
Storie come quella di Giada, ventottenne di Vicenza, “Sono sposata, convivo con mio marito e un altro compagno. Ero monogama perché tremendamente insicura, pensavo di non valere poi tanto, quindi non volevo mettermi in competizione. – spiega - Ho sempre creduto che l’amore, di per sé, non sia univoco. Mio marito si è dichiarato poliamoroso dall’inizio, e ha dato il tempo a me di abbattere le mie insicurezze”. Carla, insegnante trentasettenne del nord Italia, ha sempre avuto consapevolezza dei suoi sentimenti: “Semplicemente non sapevo esistessero altre persone in grado di pensarla come me, le ho scoperte recentemente, direi circa 5 anni fa, frequentando l’ambiente BDSM (Bondage, dominazione, sadismo, masochismo, ndr)”.
E la gelosia? Per Francesca, torinese di 25 anni, sarebbe più opportuno parlare di “senso di insicurezza e inadeguatezza, paura della perdita”. Anche Carla non ne è immune: “Sì, provo gelosia in alcune occasioni, la maggior parte delle volte nasce solo da problematiche interne alla coppia o interne a me stessa, e non dalla persona esterna che il mio partner frequenta”.
Già, ma come gestire la gelosia, in una relazione che per definizione non è esclusiva? “Cercare di andare a indagare sulle cause emotive di base – spiega Veronica - così da rassicurarsi a vicenda”.
“Non devo farci caso più di tanto: lo considero un problema mio”, sostiene Francesca. Per Giada, invece, la questione è molto diversa: “No, non sono gelosa; ogni tanto mi chiedo come persone fantastiche come quelle che mi amano, possano amare una come me, ma non provo gelosia.
Quando capita che siano i partner a manifestare questo sentimento, uso comprensione, cerco di essere imparziale e dedicare tempo a tutti”.
Eppure, chi ha fatto della trasparenza in amore la propria bandiera, non può esibirla con altrettanta serenità nella vita di tutti i giorni. “Evito accuratamente di parlare della mia vita affettiva, perché in passato ho avuto brutte esperienze. – racconta Carla - Difficilmente ho trovato apertura mentale su questo argomento, per questo ho smesso di cercarla, se non in persone già poli-friendly”. Giudizio negativo che, talvolta, giunge anche dall’altra parte della barricata: "Non noto estranei che ci guardano perplessi - spiega Giada - ma è capitato che persone con la mentalità aperta ci dessero dei sociopatici, perché non è normale essere uniti come siamo noi, per loro poliamore è avere tante relazioni aperte”.
Il popolo del poliamore si confronta sul web attraverso gruppi facebook, ma nelle grandi città non è impossibile imbattersi in un “poli-aperitivo” o una “poli-birra”, momenti di incontro e socializzazione dedicati a chi non crede che in tre sia già una folla; una sorta di safe space, fisico e virtuale.
Tra chi scomoda la scienza, chi la religione o l’antropologia, sembra che l’irresistibile pulsione a dividere il normale dall’anormale sia l’unica granitica certezza che ci accompagna. Forse, una società più giusta e tollerante passa anche dall’accettazione di ciò che appare diverso, ma che in fondo riguarda il diritto più importante di tutti: il diritto all’amore, il diritto alla felicità.