L’Auditel sta alla tv come i gol stanno al gioco del calcio. Chi fa ascolti, vince, sempre, proprio come chi gonfia la rete avversaria. Poi però si può far partire un’altra discussione, quella sulla qualità. Che nel football interessa quasi sempre solo gli esteti, mentre nel macchinario infernale chiamato televisione stimola un po’ di più. Il preambolo calza a pennello per giudicare ciò che (non) sta succedendo a Sanremo. Giorno dopo giorno, gli ascolti dell’edizione numero 67 crescono e fanno segnare nuovi record. Dopo quelli delle prime due serate, ancora più marcato è il miglioramento rispetto al 2016 per la serata delle cover: 49,7% di share medio e 10.420.000 spettatori, il paragone rispetto al 2016 fa segnare 40.000 spettatori in meno, ma anche quasi due punti in più di share (47,8%), che come noto conta di più.

Sanremo 2017: guizzo cercasi

Tutto bene, quindi? Diciamo… quasi. Perché per tradizione da quando il Festival ha scelto di associarsi al modello talent dedicando una serata alle cover, il giovedì è il giorno più seguito insieme al primo, finalissima a parte. Eppure la terza serata di Sanremo 2017 non passerà certo alla storia per la qualità delle interpretazioni e neppure per il ritmo. Dopo due giorni di prova, infatti, si può dire quasi con certezza che il duo Conti-De Filippi è superlativo sul piano della professionalità, ma molto meno su quello del ritmo e della vitalità. Per carità, era prevedibile, ma sarebbe logico aspettarsi qualche guizzo in più, qualche fuoriprogramma, qualche sorpresa che spezzi quella routine, quel mix tra “I Migliori Anni” e “C’è Posta per te” cui è sembrato spesso di assistere.

Sanremo 2017: se l'ospite non serve

Anche perché gli intermezzi comici di quest’anno certo non hanno aiutato alla bisogna. Da un Crozza che si sta sgonfiando giorno dopo giorno, fino alla dimenticabile parentesi di Luca e Paolo, non è solo una sensazione il fatto che qualcosa sia stato sbagliato nella scaletta e nell’inserire a forza ospiti anche poco opportuni.

A che cosa è servita l’ospitata delle eredi di Jean-Paul Belmondo e Alain Delon? Proprio a nulla, se non a far perdere tempo in una serata troppo lunga e che come successo martedì e mercoledì ha costretto a relegare a notte inoltrata l’ospite straniero. Se bisogna portare a Sanremo i Clean Bandit, Cliffy Clyro e soprattutto LP, ovvero il meglio o quasi dell’attuale panorama internazionale, e poi confinarli come riempitivo in attesa dell’arrivo dei voti, se ne poteva anche fare a meno.

Sanremo 2017: cover sottotono

Per tacere della gara. Quella riservata alle Cover ha deluso. Davvero poche le prove memorabili: legittima la vittoria del bravo Ermal Meta, seppur troppo teatrale, e giusti anche gli altri gradini del podio, occupati da una rinata Paola Turci e dal sensibile Marco Masini. Per il resto, però, si è visto davvero poco e tante scelte sbagliate, da quella di Gigi D’Alessio, che non si è certo esaltato con L’immensità, a una Lodovica Comello che ha pensato di tornare a Violetta con Le mille molle blu passando per Michele Zarrillo alias Miguel Bosè. Sotto tono anche Gabbani con Susanna, addirittura disastroso Alessio Bernabei nei panni di Edoardo Bennato, sfortunato, ma prevedibile, Sergio Sylvestre.

E i ripescaggi? Ha senso collocare il girone dei 6 oltre la mezzanotte? Davvero poco, come del resto l’intero regolamento che porta a ripescare 4 canzoni (troppe) giovedì e poi a rieliminarne quattro venerdì. Giuste le eliminazioni dei due inguardabili duetti (genere vagamente superato), la sensazione più che fondata è che a uscire saranno gli stessi che sono appena rientrati. Sarà anche per tutto questo che Conti non ha accettato il poker?