Con le seguenti parole l'autorevole vescovo di Mostar esprime e ufficializza il suo rifiuto di riconoscere nelle apparizioni della Vergine Maria di Medjugorje un autentico miracolo: “Tenendo conto di tutto quel che è stato esaminato e studiato da questa Curia diocesana, incluso lo studio dei primi sette giorni delle presunte apparizioni, si può pacificamente affermare: La Madonna non è apparsa a Medjugorje!”.

Si tratta di una presa di posizione radicale e per molti versi sconcertante se pensiamo alla schiera di fedeli che si affidano con passione e dedizione al culto mariano, e che hanno sempre interpretato le apparizioni nel sito bosniaco come una dimostrazione concreta dell'esistenza della Madre di Dio.

A rendere ancora più clamorosa la conclusione dell'indagine del vescovo è il fatto che l'incarico fosse stato affidato dalla stessa Santa Sede, dopo che Papa Francesco in persona aveva pubblicamente espresso le sue perplessità riguardo al miracolo. Ancora una volta, si tratta dell'eterno conflitto tra fede e ragione: si affronta un dibattito millenario che riguarda tanto la filosofia quanto la teologia, e che nei tempi della postmodernità tecno-scientifica assume un interesse tutto particolare. Proviamo qui ad offrire alcune suggestioni teoriche, con la consapevolezza che si tratti di una materia delle più complesse e profonde della storia della cultura.

Fede e ragione, nemici - amici

La posizione più diretta a proposito dei temi della fede e della religione è quella che sostiene la completa inconciliabilità di fede e ragione, argomento sostenuto tanto dai credenti che dagli atei.

Come sosteneva Dostoevskij, non si ha fede perché si è testimone di un miracolo, ma si riconosce un miracolo solo quando si ha fede.

Dove si oltrepassano i mezzi della razionalità umana, allora si apre lo spazio del trascendente, e bisogna abbandonarsi a quello che Kierkegaard definiva “salto della fede”. Nel corso della cultura cristiana però, le interazioni tra comprensione razionale e religione sono state innumerevoli; la religione cristiana, fin dal Medioevo, si è prestata alla speculazione concettuale per comprendere l'assoluto e l'esistenza di Dio.

La teologia classica ha infatti fatto leva sulla filosofia aristotelica per la confluenza di scienza e religione, arrivando anche a proporre dimostrazioni che argomentassero in maniera intellettuale l'esistenza di Dio.

Il paradosso della spiegazione scientifica dei miracoli

A questa seconda dimensione si affida la Congregazione per la dottrina della Fede, che nel momento in cui intende adottare strumenti epistemologici per smentire eventuali manipolazioni e bufale si trova a farsi carico di mezzi che non sono propri della fede, e che costituiscono un paradosso fondamentale alla base di ogni religione.

In altri termini, la scienza (ovvero la comprensione e l'indagine concettuale, il paradigma di causa-effetto, il principio di non contraddizione) viene riconosciuta, dall'autorità che per definizione osteggia il progresso scientifico, come l'unica in grado di distinguere un autentico miracolo da una mistificazione. Anche la Santa Sede perciò parteciperebbe al dominio della logica tecno-scientifica, perché paradossalmente anch'essa riconoscerebbe quale criterio decisivo quello della “dimostrazione razionale”. Allo stesso tempo, rinunciare a tale criterio significherebbe degenerare nell'arbitrarietà più assoluta. Nello spazio inconciliabile e paradossale di questo eterno dibattito, le due parti in causa, la scienza e la fede, rinnovano la loro forza e la loro perenne complementarietà.