La notizia, riportata da La tribuna di Treviso, di un ragazzo di Crespano ha davvero dell’incredibile: dopo aver subito una perquisizione dell’auto da parte dei carabinieri, il giovane si è lasciato un po’ andare su Facebook dando libero sfogo ad una serie di improperi e bestemmie. Il risultato? Un paio di giorni dopo, è stato chiamato dalla questura e condannato a pagare una multa di 103 euro. La vicenda si presta evidentemente a qualche riflessione: al di là del perché di un tale slancio, specie quando lo si paragona ad altri reati che attendono anni prima di essere riconosciuti come tali, ci si chiede il perché e il per come la bestemmia risulti come reato.

La bestemmia non è più perseguibile penalmente

Sebbene non risulti più perseguibile con la galera fin dal 1999, quando è entrato in vigore il decreto 55/1999, art. 57, che ha depenalizzato tale azione, tuttavia l’art. 724 del codice penale prevede una sanzione amministrativa pecuniaria, compresa tra i 51 e i 309 euro, contro chiunque utilizzi in pubblico invettive o parole oltraggiose contro la divinità o contro i defunti. Ovvio allora che bestemmiare su Facebook, Instagram o qualsiasi altro social network, ha lo stesso valore illecito che imprecare ad alta voce trovandosi in giro per strada. Quantunque declassata dunque, l’illiceità permane e, alla base, risulta esservi la necessità di garantire il rispetto delle regole civili; per lo meno in Italia poiché altrove, in Gran Bretagna ad esempio, i reati di blasfemia sono stati aboliti nel 2008, per quel che viene classificata come libertà d’espressione.

La differenza potrebbe indurre a ritenere che, in Italia, il condizionamento cattolico giochi un ruolo fondamentale, tuttavia, una sentenza della Corte Costituzionale, del 1995, ha eliminato ogni riferimento alla questione religiosa, archiviando una possibile connessione con la religione di stato.

Non può essere considerata una manifestazione libera del pensiero

Piuttosto, un’altra sentenza della Corte di Cassazione, questa volta del 1992, stabilisce che è assurdo e fuori luogo il voler ricondurre la bestemmia ad una manifestazione libera del pensiero e alla libertà costituzionalmente garantita di tale manifestazione, in quanto quel che viene sanzionato è invece una manifestazione pubblica di volgarità e quindi contraria al buon costume.

Senza voler, infine, entrare nel merito del perché, invece, tirare in ballo i Santi, i Profeti e la Madonna non rappresenti oltraggio, resta comunque il fatto che, altre manifestazioni pubbliche di volgarità, comunemente rientranti nel concetto di turpiloquio, non sono oggetto di sanzione amministrativa; pensiamo a tutte quelle espressioni che sono dotate di una certa dose di trivialità e che sono ormai considerate come parte integrante del linguaggio quotidiano. Qualche interrogativo dunque permane, ma ciò che più deve forse preoccupare sono i sentimenti di odio e disprezzo cui certe espressioni possono indurre.