Connie e Chris, i genitori di Charlie, avevano rivolto un'ultima richiesta: quella di abbracciare per l'ultima volta il loro piccolo tra le mura di casa e lasciarlo spegnersi nella sua stanza. Niente da fare: oltre a condannarlo a non vivere, il bimbo affetto da una malattia genetica rara, viene fatto morire in ospedale.

Il divieto di portare Charlie negli Usa

Come un file da cestinare o una cartaccia inutile da buttare via: Charlie Gard deve morire il prima possibile, tra le mura asettiche di un ospedale, non certo tra quelle calde della propria casa, tra le braccia affettuose dei propri genitori.

Non solo, dunque, è stato vietato a Connie e Chris di portare Charlie negli Usa: ma ora sono costretti a salutarlo nella stanza del Great Ormond Street Hospital. I genitori di Charlie, infatti, attraverso una raccolta fondi erano riusciti a trovare la somma necessaria per portare il piccolo negli Stati Uniti e provare le cure sperimentali, anche se le speranze erano comunque molto ridotte. Giovedì scorso, la Corte europea per i diritti umani ha posto fine alla battaglia legale, lasciando la possibilità ai medici inglesi di staccare la spina ai macchinari che tengono in vita il piccolo Charlie.

Charlie, simbolo di un'Europa senza più anima

Ma è davvero possibile subire inermi una decisione del genere?

E' giusto spezzare la speranza di due genitori che volevano lottare fino all'ultimo e che erano riusciti a trovare i fondi per sperare nelle cure sperimentali? I medici del Great Ormond Street Hospital - considerata una struttura all'avanguardia - hanno assicurato che le cure americane non avrebbero funzionato su Charlie. Eppure, la speranza dei genitori del piccolo era in quei trattamenti disponibili in America come il Nucleoside Bypass Therapy, per i quali erano stati raccolti 1,3 milioni di sterline.

Chris e Connie volevano che Charlie provasse questo trattamento (un farmaco non invasivo e orale), che avrebbe aiutato a ripristinare il DNA mitocondriale del piccolo malato, aiutandolo a fornire alcune sostanze che non è in grado di produrre a sufficienza. Il problema, dunque, rimane: cosa devono fare ora i genitori di quei figli considerati malati gravi e senza speranza?

Saranno costretti a nascondere i propri bimbi in casa nel timore di una fine già segnata? Come ha fatto notare la giornalista e scrittrice, Costanza Miriano, la sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo afferma un concetto arbitrario di salute pubblica che scavalca la famiglia e in questo caso perfino le si oppone.

Battaglie per ogni cosa, non per Charlie

La vicenda di Charlie assume un tono ancora più inquietante se si pensa al silenzio mediatico generale in cui si è sviluppata e al ritardo con cui è stata affrontata sulle testate mainstream. Si lanciano battaglie per le specie in via d'estinzione, per salvare o per adottare cuccioli di animali trovati per strada; in molti si battono per il diritto delle coppie gay ad avere un figlio, magari con l'atroce pratica dell'utero in affitto, o per far morire Dj Fabo a suo piacimento: e ora?

Quando due genitori si battono per provare in ogni modo a prolungare la vita del loro figlio, la società civile, i principali media e le più importanti associazioni umanitarie, si voltano dall'altra parte. L'ombra dell'eugenetica, spesso attribuita agli orrori del Nazismo, si allunga sull'Europa che il Nazismo condanna in ogni occasione, facendo credere di difendere i diritti di tutti, tranne dei più indifesi. Una scelta drammatica, imposta da un tribunale, ha condannato Charlie Gard: ancora più crudele visto che non gli è stato concesso di spegnersi a casa, coi suoi genitori. Come un file da cestinare, appunto, e da far sparire il prima possibile.