Il governo sta studiando una misura di sostegno ai giovani che preveda l'attribuzione gratuita di contributi figurativi a fini previdenziali per il periodo trascorso all'università. L'idea di fondo è che l'innalzamento dell'età pensionabile e la maggiore discontinuità che oggi si registra durante la vita lavorativa possa incidere negativamente sui trattamenti pensionistici che questi riceveranno in futuro.
Per quanto il problema sia concreto e l'intento di sicuro condivisibile, la proposta appare del tutto insoddisfacente. Come evidenziato, ad esempio da Luca de Vecchi su Stradeonline si tratterebbe di una soluzione scarsamente utile, iniqua e regressiva.
Come dimostrato in precedenza anche dalle esternazioni del ministro Poletti, la classe dirigente del nostro paese fatica a comprendere i problemi dei giovani e per questo è incapace di proporre delle soluzioni adeguate.
I punti deboli della proposta
Come si può agevolmente verificare sulle simulazioni proposte dal sito dell'INPS, il costo del riscatto è proporzionale all'ultima retribuzione percepita pertanto, "regalare" questa opzione in modo indiscriminato vuol dire favorire in modo estremo i lavoratori con redditi più elevati e dunque attribuire al provvedimento un carattere marcatamente regressivo.
Si tratta altresì di un'ipotesi decisamente iniqua se consideriamo che a beneficiarne sarebbero solamente i lavoratori con un'istruzione universitaria, e senza alcuna distinzione rispetto alla durata del corso di studi che può essere molto differente a seconda del tipo di laurea.
I motivi della mancata convenienza
Per quanto possa apparire suggestiva l'idea di premiare in qualche modo la dedizione agli studi e di controbilanciare il diverso scenario lavorativo e previdenziale che i giovani dovranno affrontare, la soluzione ipotizzata va nella direzione sbagliata. I principali problemi del sistema previdenziale italiano derivano dalla scelta scellerata di trasferire sulle generazioni future gli oneri delle prestazioni erogate nel presente.
Se oggi i lavoratori devono affrontare considerevoli "costi di aggiustamento" in termini di innalzamento dell'età pensionabile e di riduzione delle prestazioni future attese è dovuto alla necessità di correggere la traiettoria non sostenibile di un sistema che fino ad oggi è stato "troppo generoso".
Pensare di alleviare il peso di questa correzione, trasferendo ancora una volta il carico sulle generazioni a venire, è una scelta miope che non migliora la sostenibilità a lungo termine del sistema.