"Libera Chiesa in libero Stato", il principio proclamato nell'ottocento dal pastore calvinista Alexandre Vinet e ripreso in seguito dal conte Cavour nel suo primo intervento parlamentare a seguito della nascita del Regno d'Italia il 17 marzo 1861. Un principio che sancisce, o così dovrebbe, la concezione separatista in tema di rapporti tra Stato e Chiesa e i rispettivi poteri, temporale per il primo e spirituale per la seconda. Purtroppo, ultimamente sempre più spesso, questo semplice ed importante concetto non viene rispettato non solo da molti esponenti dei vertici ecclesiastici (come, ad esempio, il segretario della CEI) ma anche da colui che dovrebbe essere il capo spirituale (e non solo) della Chiesa Cattolica: Papa Francesco.

L'intervento in Piazza San Pietro

Anche l'altro giorno, infatti, in occasione del lancio della campagna di Caritas International "Share the journey - condividiamo il viaggio" il pontefice non ha perso l'occasione per ribadire il suo pensiero e, successivamente, continuare il percorso di totale ingerenza nelle politiche dello Stato italiano già iniziato da tempo. Papa Francesco ha infatti cominciato con il dire che "... Migranti e rifugiati ci ricordano quotidianamente che Cristo stesso ci chiede di accogliere i nostri fratelli e sorelle migranti e rifugiati con le braccia ben aperte..." per poi aggiungere, nel dare il benvenuto ai rappresentanti di organizzazioni della società civile che, assieme alla Caritas, stanno dando il loro sostegno alla raccolta di firme per modificare la legge Bossi-Fini e far includere, nel nuovo testo, la questione della cittadinanza per i figli di genitori stranieri nati in Italia, come serva e sia urgente "...

una nuova legge migratoria più attinente al contesto attuale...".

Scambio di ruolo

Quest'ultima, unitamente alla demagogica e strumentale frase iniziale, mostrano un capo spirituale sempre più impegnato in tematiche politiche che non lo dovrebbero interessare. Un conto è, infatti, parlare di eventuali "obblighi" morali ed etici riguardanti il fenomeno dell'accoglienza, un altro quello di cercare, in ogni momento, di intromettersi nella legislazione di uno Stato su tematiche importanti, come ad esempio il diritto di cittadinanza, che riguardano le regole di una comunità civile e che nulla hanno a che fare con la Fede.

Il compito del capo della Chiesa Cattolica dovrebbe essere quello di spiegare e far seguire la dottrina cristiana, preoccuparsi di tematiche importanti quali il generale crollo di presenze nelle chiese ormai vuote, la disgregazione delle famiglie, la bassa natalità o l'importante e tragica questione dei fedeli sempre più vessati, discriminati e martirizzati in molte parti del mondo.

E non di intromettersi in tematiche laiche cercando di condizionare, nelle proprie attività legislative, il Governo e il Parlamento di uno Stato, tra l'altro straniero.

Già, perché il Papa è anche il Capo di uno Stato. Uno Stato, tra l'altro, in cui vigono leggi e situazioni ben diverse da quelle che il pontefice vorrebbe per l'Italia. Va infatti ricordato come il Vaticano sia uno Stato in cui per entrare servono mille permessi e chi ne è privo o prova a varcare i confini clandestinamente viene immediatamente arrestato ed espulso (fisicamente, non con un pezzo di carta), uno Stato che non ha accolto nemmeno un migrante o un profugo e nel quale non sono presenti baraccopoli, vu cumprà, molestatori o gente che urina e defeca nelle strade e nei parchi.

Uno Stato che, come accaduto di recente, allontana i senzatetto dal colonnato di San Pietro perché "rovinano il decoro della piazza".

Per carità, il Papa, come qualsiasi altra persona libera, ha tutto il diritto di esprimere una propria opinione, che tale però dovrebbe rimanere. Un'opinione che non solo non dovrebbe assumere i connotati del diktat (consolidato dal concetto "Dio lo vuole" che infinite tragedie ha prodotto e sta producendo anche oggi nel mondo), ma dovrebbe essere imperniata di decenza, rispetto e buonsenso.

Non si può infatti "costringere" un intero popolo a dover accogliere, indiscriminatamente e senza controllo, centinaia di migliaia di migranti al di sopra delle proprie possibilità logistiche e delle proprie risorse sia economiche che materiali (migranti trai i quali molti, come hanno dimostrato recenti sondaggi, non amano e non accettano usi, costumi e valori di chi li accoglie).

Non si può far finta di non vedere gli effetti che tale incontrollata affluenza produce nei tessuti sociali e ambientali. Non si può pretendere dagli altri qualcosa che si è i primi a non fare. Soprattutto, non si può e non si deve andare oltre i propri compiti e doveri.

Sarebbe quindi opportuno ed auspicabile, per un corretto equilibrio tra Poteri, che il capo spirituale di una della maggiori religioni monoteiste, oltre a rammentare e seguire i dogmi ed i precetti dottrinali (cosa che spesso tende a dimenticare, viste anche le accuse di eresia che gli sono state mosse recentemente), tornasse ad occuparsi di Fede e non di leggi, magari interessandosi di più a temi come le culle vuote (leggi natalità e famiglia) e meno ai centri della Caritas pieni d'immigrati (leggi soldi ed interessi economici).