Ieri, 9 ottobre 2017, abbiamo incontrato con grande piacere Mario Calivà, talentuoso autore del libro "Portella della Ginestra - Primo maggio 1947. Nove sopravvissuti raccontano la strage" (Navarra Editore, 2017) che nasce e cresce a Piana degli Albanesi (Pa) e mantiene salde nel suo cuore le tradizioni della sua terra natia con la poesia, il teatro e la riscoperta del ruolo sociale della memoria.

Dal confronto, si evince la sua determinazione, l'esperienza multisfaccettata ed ampia, nonché il suo profondo legame con le proprie radici. Tra i numerosi riconoscimenti e premi per la sua attività artistica e di promozione della cultura arbëreshe, ha ricevuto, nel maggio 2017, una lettera di encomio da parte del sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, per la sua attività culturale svolta in città e per il prezioso lavoro sulla memoria.

Studia Drammaturgia e Sceneggiatura presso l'Accademia d'Arte drammatica "Silvio d'Amico" di Roma. Già dottore in Economia e Finanza ha conseguito anche la laurea in Discipline dello Spettacolo con una tesi sul Teatro arbëresh. È studioso di fotografia e nella sua ultima mostra personale, intitolata "UrgentArbëreshAnthropology", ha esposto 90 foto con soggetti femminili in abito tradizionale arbëresh. Un incontro molto interessante e di grande arricchimento per il quale lo ringraziamo.

L'intervista

Da quanto e su quali tematiche scrivi principalmente?

Mi piace scrivere sulle vicende umane in generale. Le dinamiche antropologiche sono imprevedibili. Per quanto noi scrittori ci forziamo a inventare, spesso ci accorgiamo che la realtà le supera tutte.

E sono proprio questi i meccanismi che noi vogliamo imitare. Vogliamo creare storie che assomiglino alla vita. Il mio ultimo romanzo parla di questo, ovvero della ricerca affannosa dell'altro e può capitare di doversi accontentare di qualcosa di diverso da quello che si è previsto: miserie dell'esistenza e quindi dell'amore.

In questo periodo mi sto occupando di teatro in lingua arbëreshe, che noi di Piana degli Albanesi (discendenti degli esuli albanesi che alla fine del XV sec. hanno lasciato i Balcani a seguito dell'avanzata dei turchi) manteniamo da 529 anni. E da qui si vengono a manifestare due aspetti: quello artistico e quello della tutela culturale.

Perché il teatro è un evento convocatorio in cui la comunità si ritrova ed è protagonista affinché la nostra tradizione non cada nell'oblio. L'identità si manifesta anche nel paesaggio in cui ci si riconosce ed è ciò che è accaduto a me. Infatti, la mia penultima raccolta di poesie, "La luce dei punti lontani" (Mohicani Edizioni, 2016) è ispirata direttamente dagli scenari della natura intorno Piana degli Albanesi, dalle stelle, ovvero, dalla costellazione di Orione e dalle Pleiadi che, nella notte, splendono sopra il Monte Kumeta (il monte di fronte Portella, dove si è consumata la strage del Primo Maggio 1947).

Parliamo del tuo ultimo libro: cosa rappresenta per te?

Nel mio ultimo libro, "Portella della Ginestra - primo maggio 1947. Nove sopravvissuti raccontano la strage" (già in ristampa dopo tre mesi) ho raccolto le testimonianze orali di nove persone presenti a Portella quel tragico giorno.

Con questo libro intendo riscoprire la memoria, affinché questi eventi non cadano nell'oblio. Inoltre le testimonianze presenti nel testo descrivono al meglio le condizioni di vita dei contadini siciliani in quel periodo storico in cui lottavano, con tutte le loro forze, per liberarsi dalla morsa dei latifondisti.

Quale storia ti ha toccato particolarmente dei testi che hai scritto e di quelli che hai letto nella tua vita?

Delle storie che ho scritto quelle che mi hanno appassionato di più sono dentro il mio nuovo romanzo che spero di pubblicare entro primavera prossima. Di quelle che ho letto amo molto il realismo magico di Garcia Marquez e la genialità con cui James Joyce raccontava Dublino.

Ve li consiglio.

Hai mai pensato di scrivere una biografia? Con quale parola inizieresti?

Non ci ho mai pensato. Ma se dovessi scriverla comincerei cosi: "Erano le 20:10 del 22 agosto 1983..."

Un'ultima domanda: se potessi descrivere con una sola parola la tua vita, in tutti i suoi aspetti, quale useresti?

Viaggio.