Già inciso nella storia cinematografica del 2017/18, “Call me by your name” è considerato uno dei favoriti all’Oscar del prossimo anno, nonostante in molti paesi non sia ancora neanche arrivato alle sale cinematografiche. Il film, tratto dal romanzo dello scrittore statunitense André Aciman, pubblicato nel 2007, racconta la storia di Elio Pearlman, un giovane ragazzo di origini italiane, americane, francesi e ebreo, il cui padre, un professore universitario, accoglie ogni anno, nella loro villa estiva nella riviera ligure, uno studente impegnato nella lavorazione della propria tesi di laurea.
Durante una calda estate del 1988, arriva Oliver, un giovane ventiquattrenne ebreo statunitense, che conquista fin dall’inizio la famiglia e la gente del posto, con la sua bellezza, simpatia e intelligenza. In poco tempo, tra Elio e Oliver nasce qualcosa, una passione, che cresce tra gentilezze e incomprensioni reciproche. Finisco qui la sinossi del film, anche per non finire col “spoilerare” di troppo.
Questo testo è sulle mie considerazioni a riguardo del film, film che a mio parere possiede un potenziale incredibile, e che sicuramente merita questo favoritismo di indicazione all’Oscar. Il film è fluido, semplice e di grande impatto, riesce a trasmettere emozione nelle scene più semplici, da un pranzo in famiglia a una scena di sesso, caratteristica questa già consacrata dal direttore Luca Guadagnino, che sempre riesce ad accattivare lo spettatore nelle sue produzioni, e il modo come crea un clima leggero anche nelle scene che normalmente sarebbero drammatiche è spettacolare.
Basta prendere come esempio il film “A bigger splash” che conta con un elenco di peso, come la spettacolare Tilda Swinton e la giovane Dakota Johnson.
Già agli inizi, il film corre di forma tranquilla, semplice, con una trama diretta, senza raggirare molto. L’arrivo di Oliver (Armie Hammer) è quasi immediato e già di lì la trama comincia a prendere forma, È evidente che Elio (Timothée Chalamet), non sembra essere molto contento col nuovo arrivato, ed è questo il punto della cosa, il film riesce a metterci nei panni di ogni personaggio, riusciamo a sentire quello che loro sentono, il disagio di Elio nel dover cedere la sua stanza ogni anno agli studenti, l’emozione del padre con il nuovo arrivato, l’ospitalità trasmessa dalla famiglia di Elio, tutto.
È possibile mettersi in prima persona in praticamente tutte le situazioni, provare quello che provano nei minimi dettagli.
“Call me by your name”, che in italiano riceve il nome di “Chiamami col tuo nome” è decisamente una trama coinvolgente, tutto è desiderabile in questo film, la frutta che mangiano, i pranzi all’aperto, le relazioni, le conversazioni, assolutamente tutto ti fa in un certo modo riflettere sulla propria vita, ti fa desiderare vivere l’esperienza che racconta la pellicola, ti fa voler avere una storia come quella di Elio e Oliver, una relazione che allo stesso tempo è complessa e leggera.
È una storia cosi ben pianificata e prodotta che, anche se non possiede una fotografia elaborata come molti film dello stesso genere, riesce a mostrare i dettagli, con tagli di edizione regolari e semplici, ma che finiscono per avere lo stesso effetto di un film con fotografia esemplare.
È necessario risaltare il fatto che, anche se l’amore che nasce tra i due personaggi principali è la trama centrale della storia, Aciman riesce a far si che anche le altre trame parallele siano altrettanto importanti, come la “strana” relazione di amicizia/amore tra Elio e Marzia (Esther Garrel) che si scioglie in modo fluido, un po’ confuso forse, ma decisamente fluido e naturale. La relazione incredibile che Elio ha con entrambi i genitori, la trama ti lascia sempre con la sensazione che loro sappiano sin dall’inizio quello che succede tra il figlio e lo studente americano, ma che approvino e aspettino solo il momento della confessione, non il tipo di confessione colpevole, ma come se loro volessero che il figlio confessi a se stesso i suoi sentimenti e quello che sta sperimentando e vivendo.
Probabilmente, la relazione dei genitori di Elio con lo stesso, sia uno dei punti più alti del film, un film diverso dai normali e convenzionali film del genere LGBT, in questo film troverete l’accettazione di genitori amorevoli e con una mentalità estremamente aperta, soprattutto tenendo conto dell’epoca in cui è ambientato e non le classiche difficoltà di accettazione con il classico finale pieno di pentimento, che sono si, una realtà di questo mondo, ma purtroppo anche un cliché assoluto del genere cinematografico LGBT.
È splendido comunque vedere che, anche con tutta l’accettazione e conformismo da parte dei suoi genitori, sia Elio che Oliver, abbiano comunque una costante paura del finire scoperti, soprattuto da parte del giovane studente americano, ed è ancora più superbo vedere che anche questo, la paura, che è sempre un grande cliché nel genere, non diventa in nessun momento motivo di discussioni o di trame secondarie dentro la trama generale.
Per finire, la colonna sonora, incantevole. Composta principalmente da brani del cantautore statunitense Sufjan Stevens, con musiche che sembrano fatte apposta per la trama, musiche che riescono a trasmettere il sentimento predominante in determinate scene, come alla fine del film, con il single “Visions of Gideon” dove puoi tranquillamente, attraverso anche alla musica, sentire tutta la tristezza che sente Elio. Nel generale, considerando tutti i punti e caratteristiche di questo film, posso dire con tutta certezza che sarà non solo un successo, anche perché questo già lo è, ma sarà un marchio in tutti i generi al quale può essere relazionato, dal LGBT al dramma e al cult. E merita assolutamente, non solo l’indicazione all’Oscar, ma anche la vittoria, spero che sia cosi.