Sanremo 2018 è finito e come al solito il pubblico del web, ormai il principale giudice di tutto, si divide tra coloro che sono favorevoli all'assegnazione del famoso premio a Meta e Moro e chi, invece, l'avrebbe voluto tra le mani di qualcun altro. Li si accusa (ancora) di plagio, di utilizzo della retorica e di finte ideologie, ma c'è motivo di polemizzare tanto?
Meta e Moro, si può ancora parlare di plagio?
Già diversi giorni fa è stata data, ad ermal meta e Fabrizio Moro, la possibilità di gareggiare ancora. Una chance che non è stata graziosamente concessa come se fosse un favore: tutto questo è stato l'esito di accertamenti sulla canzone e sul possibile 'plagio', che nei fatti non c'è stato.
Polemizzare adesso sulla vittoria dei due non ha alcun senso, perché automaticamente significa andare contro un regolamento scritto da anni; regolamento che spiega chiaramente che il contenuto delle canzoni presentate non deve essere in comune con altre, non più del 30%. E' dunque evidente, ma non per tutti, che il ritornello riportato da "Silenzio", il 'pomo della discordia' (come hanno detto gli stessi cantautori) non costituisce più del suddetto 30% all'interno della canzone vincitrice "Non mi avete fatto niente". Dunque non solo non si può ancora parlare di plagio, ma non lo si sarebbe mai dovuto fare.
La partecipazione all'Eurovision Song Contest, che quest'anno si terrà a Lisbona data la vittoria di Salvador Sobral, cantante portoghese, nel 2017, spetta di diritto al vincitore del Festival di Sanremo ammesso che questo non rifiuti l'incarico.
Dal momento che Ermal Meta e Fabrizio Moro non hanno rifiutato tale proposta, saranno loro a portare l'inno contro il terrore in Portogallo; parlare delle chance che avrebbe o meno l'Italia di vincere non deve essere rilevante ai fini della scelta del vincitore di Sanremo, anche in considerazione del fatto che Francesco Gabbani, con la 'profonda leggerezza' di Occidentali's Karma, veniva dato per favorito anche dall'Italia stessa.
'Non mi avete fatto niente' è solo retorica?
Ovviamente non è possibile rispondere a questa domanda che può variare a seconda del punto di vista di ciascuno. Però c'è ben poco di retorico nel parlare di pace, della possibilità di combattere, ancora e ancora, il terrore. Perché, sebbene abbia il suono dell'egoismo cantare "Non mi avete fatto niente" quando in realtà delle vittime ci sono state, ha anche il suono della rivincita, una rivincita che abbiamo il dovere di sbattere in faccia a coloro che vorrebbero vederci piegati.
Gli haters del web hanno definito la canzone 'retorica, scontata, portata unicamente per vincere', ma a questo punto è lecito chiedersi per quale motivo dovrebbe essere scontato decidere di reagire, sia pure con una canzone, che rappresenta un enorme mezzo di comunicazione soprattutto se portata sul palco del Festival più importante d'Italia. E soprattutto bisognerebbe riflettere sull'immensa grandezza di quanto accadrà: bisogna pensare quanto sarà bello far sentire a tutta l'Europa, e magari anche al mondo intero, un inno che appoggia non solo l'Italia ma anche la Francia, l'Inghilterra (citate ambedue in "Non mi avete fatto niente") e che per fortuna parla anche delle guerre più ignorate, mostrando nel videoclip le immagini della devastazione siriana e dei campi profughi.
Come ha dichiarato ieri, 11 febbraio 2018, lo stesso Ermal Meta, il web non è popolato soltanto da coloro che hanno una disperata voglia di spargere odio e disapprovazione (rimanendo comunque scontenti in qualunque caso), il web 'non è fatto di haters, ma anche di lovers'.