Tutto ebbe inizio a Chicago nel primo maggio del 1886, con una protesta che andò avanti per 4 giorni. La manifestazione, in un secondo momento, si trasformò in uno scontro tra lavoratori e polizia, con ben 11 morti. La drammatica vicenda sarebbe passata alla storia come "massacro di Haymarket", riferendosi alle rimostranze degli operai che chiedevano condizioni lavorative più umane. In quegli anni, infatti, le morti sul lavoro erano frequenti e l'orario lavorativo poteva arrivare fino a 16 ore.
Condizioni lavorative a cavallo tra '800 e '900
La rivoluzione industriale portò ricchezza e benessere ad una parte della popolazione dei paesi che ne furono investiti.
Al contempo, però, per la maggior parte delle persone significò un ulteriore peggioramento delle proprie condizioni di vita e lavorative. Dalle dieci alle sedici ore di lavoro al giorno, condizioni igienico-sanitarie disumane, infortuni e morti sul lavoro quotidiane, l'esplosione drammatica del lavoro minorile (con un'età media di 11 anni), abitazioni insalubri e sovraffollate, diritti dei lavoratori inesistenti, salari insufficienti persino al minimo sostentamento: questi erano solo alcuni dei numerosi problemi.
I progressi fino ad oggi
Dopo alcuni episodi isolati di protesta operaia che avevano segnato gli anni del "boom economico", sull'onda del Sessantotto, l'autunno caldo portò con sé una serie di proteste e lotte sindacali operaie.
I dipendenti che lottavano per l'adeguamento dei salari, presto sostenuti dagli studenti in una lotta comune, si organizzarono in una battaglia riformista. Milioni di operai scioperarono in tutta l'Italia, spesso trovando l'opposizione armata delle forze dell'ordine ma, alla fine, le richieste sindacali furono ascoltate, e vennero firmati da tutte le categorie nuovi contratti più favorevoli ai lavoratori.
Fino a quel periodo, il rapporto di lavoro subordinato era disciplinato in maniera disorganica dal Codice civile del 1942, e ben poco era lo spazio dedicato ai diritti del prestatore di lavoro, ma nel 1970, la legge numero 300 diede vita allo Statuto dei Lavoratori, contenente "norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento".
Oggi, con lo Statuto e le successive normative, la situazione - almeno sulla carta - sembra essersi risolta, ma la realtà spesso ci dice il contrario.
La realtà dei fatti
L'Istituto Nazionale di Statistica riporta che nel 2017 le morti sul lavoro sono state 3 al giorno. A questi decessi vanno aggiunte tutte quelle persone che non hanno un'assicurazione Inail, in merito alle quali l'Osservatorio degli Infortuni ha parlato di circa 400 morti l'anno. Gli infortuni colpiscono molto più spesso dipendenti di età compresa tra i 55 e i 64 anni, persone che probabilmente dovrebbero essere già in pensione.
La lieve ripresa economica che ha contraddistinto questi ultimi anni, non è stata però accompagnata da un aumento della sicurezza sul lavoro, che non ha fatto registrare alcun miglioramento.
Il fenomeno dell'economia sommersa ha portato ad una perdita del Pil del 12% circa, quindi ad una perdita di 190 miliardi di euro (dati Istat 2015). I settori più interessati sono: "altre attività dei servizi", il commercio, i trasporti, le costruzioni e la ristorazione.
Inoltre, il riconoscimento del lavoro di cura e domestico svolto dalle donne - spesso in aggiunta a quello extradomestico - è una questione che ad oggi non viene nemmeno dibattuta.
E senza batter ciglio, è tornata anche la "schiavitù" dei lavoratori stagionali nell'agricoltura, che vengono sfruttati da cooperative "spurie" (false) appaltate da altre aziende. Questi operai agricoli lavorano 7 giorni su 7 fino a 14 ore al giorno e sono sottopagati: la loro paga si aggira tra i 25 e i 30 euro al giorno.
Molto spesso costoro non arrivano (non è un caso) alle 50 giornate lavorative utili per ottenere la disoccupazione, e i contributi non vengono versati.
Per quanto riguarda le molestie sul posto di lavoro, le donne ne sono maggiormente colpite: tra 2015 e 2016, 1 milione e 400 mila donne hanno subito molestie e ricatti sessuali.
Parlando ancora dell'universo femminile, sono soprattutto costoro che rinunciano al lavoro per accudire i figli, non ricevendo alcun sostegno esterno. Sono 30 mila le donne che si sono dimesse perché non riuscivano a conciliare famiglia e lavoro. Inoltre, risulta una differenza nella retribuzione economica tra uomo e donna, definito "gender pay gap". Ricordiamo che l'Art.
28 del Codice delle Pari Opportunità sostiene che, a prestazioni uguali, vada riconosciuta la stessa retribuzione. Invece, in Italia, essere donna equivale ad essere pagate di meno.
Nella giornata del primo maggio si sono tenute diverse manifestazioni e cortei, durante i quali i cittadini hanno provato a far emergere le proprie esigenze e richieste. Ora, come ogni anno, non ci resta che vedere se verranno ascoltate.