In Cina solo nel 1997 l'omosessualità è stata decriminalizzata e dal 2001 non è più nell'elenco delle malattie mentali, anche se ancora oggi tra i medici è trattata come una forma di depressione. Dopo 21 anni, nel 2018, Sina Weibo, il colosso di microblogging cinese, opta per l'abolizione della censura degli argomenti LGBTQ sulla loro piattaforma social.

Weibo è un social network cinese, al pari di Facebook e Twitter, con 397 milioni di utenti, utilizzato all'interno di una rete internet parzialmente isolata dal resto del mondo e controllata dal governo.

Di proprietà del Sina, il più grande portale di informazione cinese.

Weibo e il "firewall cinese"

Il "firewall cinese" è una barriera virtuale che impedisce a determinate informazioni di raggiungere il paese e minacciare il partito comunista, unico partito dello Stato. Questo mezzo di comunicazione ha svariate funzioni tra cui quella della condivisione, ma soprattutto è un mezzo per conoscersi. Quindi l'aver tolto questi termini dal novero delle parole censurate apre maggiori possibilità, anche ai giovani che non si identificano come eterosessuali e cisgender, di fare nuove conoscenze senza nascondere quello che sono realmente, riparati dalla protezione di un mondo virtuale.

La Cina si ribella

La comunità gay ha deciso di ribellarsi alla censura sfidando la piattaforma e organizzando un coming out generale. La protesta rappresentata dagli hashtag #IAmGay e #IAmnotapervert ha avuto un notevole successo e soprattutto visibilità anche all'estero. Soprattutto l'intervento di alcuni utenti che marcavano il fatto che sulla costituzione cinese sia inviolabile la dignità umana e che la penalizzazione dell'omosessualità sia cessata nel 1997.

Proprio questo ha fatto in modo di portare il governo ad un ripensamento, decidendo così di togliere la censura a tutte le terminologie che riguardano la comunità LGBTQ.

Comunità LGBT in Cina

Molti giovani omosessuali si trasferiscono nei grandi centri perché, forse, sono più tolleranti rispetto alle zone rurali. Sono moltissime le persone a non accettare e a non riconoscere nessun diritto agli omosessuali.

Chi rimane in queste aree o villaggi è costretto o si autocostringe a sposarsi con persone del sesso opposto, costruendo una famiglia per coprire e nasconde al meglio il proprio essere, questo poi li porta a frequentare locali gay di nascosto dove possono viversi per quello che sono e non fingere più. Qui passano le notti in totale libertà, poi tornano alla loro vita di sempre, da moglie o mariti e figli.

Un passo non basta

Se in società chiuse e censurate come quella cinese sono riusciti a fare un passo avanti rendendo più libera la circolazione di argomenti e parole LGBTQ, consentendo la libertà degli utenti, ci dovrebbe anche far sperare per una apertura di molti Stati occidentali che censurano, a loro modo, la vita e la libertà di persone, famiglie e comunità LGBTQ che non riescono ad esprimere il proprio essere perché rinchiusi in società eteronormate.

Ricordiamo che questi Stati si reputano come civili e progrediti, ma non si vede nessuna differenza tra uno Stato come, ad esempio, l'Italia in cui si cerca di togliere quei pochi diritti alle coppie omosessuali e di non dargliene ulteriori, dove la censura magari non è istituzionale, ma il biasimo sociale a volte è altrettanto limitativo e costrittivo della vita delle persone "queer". La Cina, nella sua chiusura, ha fatto un passo, in quell'ottica, molto grande, negli Stati "progrediti" quanto si dovrà aspettare ancora per vedere qualche sviluppo in più?