Le elezioni europee appena terminate hanno visto un'exploit dei Verdi Europei e una crescita dei partiti euroscettici e sovranisti in quasi tutto il continente. Tuttavia, questa crescita non è stata sufficiente ad avvicinare tali partiti al numero di 376 parlamentari che gli avrebbe conferito la maggioranza assoluta e quindi la possibilità di dettare una linea di governo, neanche con le possibili alleanze ai partiti europei a loro considerabili più vicini ideologicamente.

Boom della Lega in Italia

In Italia, invece, il popolo si è largamente espresso a favore della Lega di Matteo Salvini, che con il 34.3% dei voti (con un’affluenza del 56%) diventa primo partito nazionale, guadagnando quasi quattro milioni di voti rispetto all’anno scorso.

La lega ha aumentato inoltre i propri consensi al sud e, dato più importante, diventa primo partito a Lampedusa e nella Riace di Mimmo Lucano, comuni finora simbolo dell'accoglienza ai migranti, in netto contrasto con le politiche di Salvini. Cala invece a picco il Movimento 5 Stelle di Luigi Di Maio, che dopo l’exploit del 4 marzo 2018 vede dimezzati i propri consensi, perdendo più di sei milioni di voti e attestandosi circa al 17.1%, favorendo il sorpasso del PD di Zingaretti e Calenda (22.7%).

Comportarsi da vincitore e fare di sé il vincitore

Ma come è stata possibile tutto questo? Ovviamente le variabili in campo sono state molteplici, così come la contestualizzazione del voto a livello europeo e non nazionale.

Un’interpretazione ci viene dalla “Profezia che si autoadempie” di Robert Merton, sociologo statunitense del ventesimo secolo che riprende la definizione di William Thomas del teorema che porta il suo nome: "Se gli uomini definiscono certe situazioni come reali, esse sono reali nelle loro conseguenze". Un esempio pratico e storico di questa teoria è il crollo della borsa di Wall Street del 1929, quando i cittadini, credendo che le banche stessero fallendo, sono corsi a ritirare i propri risparmi agli sportelli, portando così effettivamente le banche al fallimento.

Alle elezioni nazionali del 4 marzo 2018 il partito di Matteo Salvini si rivelò terza forza politica del paese, ricevendo il 17% dei voti, dietro PD e M5S. Nonostante ciò, una volta entrato nella coalizione di governo con quest’ultimi, Salvini si è sempre comportato come il vero vincitore di quelle elezioni. Nei mesi che si sono susseguiti egli ha spesso fatto dichiarazioni ferme ed esuberanti,spesso volutamente esagerate, ha agito ed espresso pareri anche al di fuori delle proprie competenze ministeriali, facendo in modo che nel mondo dei media e dei social non si parlasse che di lui.

Questo gli ha permesso di mettere in ombra il premier Giuseppe Conte e soprattutto il leader dei 5S e vero vincitore delle elezioni, Luigi Di Maio. Impaurito dalla rapida ascesa della Lega nei sondaggi, Di Maio ha spesso usato una tattica “offensiva” nei confronti di Salvini nelle settimane che hanno preceduto le elezioni europee, criticandolo su diverse affermazioni in maniera poco pacata; dal canto suo, il leader leghista non si è però lasciato scomporre e ha incassato dignitosamente gli attacchi, fregiandosi del ruolo di difensore dei “cittadini per bene” e portare di “buonsenso”, parlando di unitarietà di governo per il bene del paese.

Una pratica sempre più diffusa

Insomma, così come gli americani si convinsero della crisi bancaria nel '29, Salvini in pochi mesi ha convinto i cittadini di essere il leader del primo partito in Italia, e così facendo lo è diventato.

I cittadini hanno creduto che “il popolo” avesse dato a Salvini l’incarico di difendere la Nazione, e così pochi mesi dopo si sono recati alle urne conferendogli questo compito e realizzando un'ascesa politica che non esisteva.

Allo stesso modo ha parlato Giorgia Meloni a poche ore dall’esito delle europee, che hanno visto crescere Fratelli d’Italia di circa duecentomila voti rispetto al 4 marzo, e attestarsi al 6.5% mantenendo dunque il proprio bacino elettorale sostanzialmente stabile. Eppure i toni della leader di FdI sono quelli di chi ha vinto le elezioni: ella si è fatta portatrice della ventata sovranista in Europa e, affermando che i cittadini italiani hanno voluto dare sfogo della volontà di essere governati da una coalizione di destra, ha chiesto a Matteo Salvini di abbandonare i 5 Stelle per tornare ad una collaborazione col suo partito.

Collaborazione che dovrebbe peraltro includere necessariamente Forza Italia per sperare di arrivare al 51% dei voti (collaborazione, quest’ultima, più volte ripudiata dalla stessa Meloni); ma il partito di Silvio Berlusconi esce ancora una volta sconfitto dalla tornata elettorale con l’8.8% dei voti, perdendo più di due milioni di consensi rispetto all’anno scorso.

La realtà viene così distorta dalle parole. La teoria di Merton e Thomas è solo uno tra i tanti modi in cui la comunicazione politica può influenzare l’elettore al di là dei contenuti dei programmi elettorali; ed è una questione che non possiamo più ignorare nel momento di massimo splendore dei mezzi di comunicazione, dove le informazioni girano ad una velocità tale che non resta più tempo per verificare quali siano quelle vere e quali quelle false: è l’era della post-verità sociale, dove la realtà si sgretola e ognuno si trincera dietro la propria verità.