Il 23 maggio del 1992 si consumava uno degli atti più vili della storia recente del nostro paese: moriva Giovanni Falcone per mano della mafia. Nella strage di Capaci, oltre al magistrato, vennero uccisi anche la moglie Francesca Morvillo e gli uomini della scorta.

Quando si parla di eroi, l'opinione pubblica tende a pensare che per esserlo si debba per forza vincere ed entrare nella storia per qualche impresa al limite dell'impossibile. Giovanni Falcone e il suo amico e collega Paolo Borsellino ci hanno invece dato la dimostrazione del fatto che si possa essere eroici semplicemente svolgendo il proprio lavoro fino all'ultimo istante, ben consapevoli di andare incontro ad un destino cupo.

Un semplice uomo con le sue debolezze e i suoi egoismi, probabilmente, avrebbe cambiato mestiere dopo le ripetute minacce e dopo il fallito attentato dell'Addaura del 1989: ma Falcone no, continuò integerrimo conscio dell'importanza del suo lavoro per le nuove generazioni. Anche a costo di rischiare la sua stessa vita.

Giovanni Falcone e il ricordo di Paolo Borsellino

Uno dei ricordi su Giovanni Falcone è conservato in un video dell' Adnkronos: il 12 maggio del 1992, quindi appena 11 giorni prima della strage Capaci, Falcone presenziava ad un incontro sulla droga organizzato dalla stessa Adnkronos a Roma: nel video il sorriso del giudice fu interrotto dalla consegna di un pizzino di morte, nel quale si faceva riferimento al tritolo ormai arrivato a Palermo.

Il 25 giugno del 1992 Paolo Borsellino partecipò ad una manifestazione in ricordo del suo migliore amico Falcone, il giudice usò toni di denuncia e rabbia non soltanto l'attentato di Capaci, ma anche per le vessazioni e le delusioni alle quali fu sottoposto Giovanni Falcone nel corso della sua carriera. ''Oggi tutti ci rendiamo conto di quale sia stata la statura morale di questo uomo, ripercorrendo queste vicende della sua vita professionale (...) nel gennaio del 1988 quando Falcone solo per continuare il suo lavoro propose la sua aspirazione a succedere ad Antonino Caponnetto, il Consiglio superiore della magistratura con motivazioni risibili gli preferì Antonino Meli.

Falcone concorse e subito qualche giuda si impegnò a prenderlo in giro''.

La mafia con la sua uccisione puntava a cancellare le sue idee, ma paradossalmente ci fu l'effetto contrario. L'opinione pubblica si mobilitò e la rabbia per quell'ingiustizia creò gli anticorpi per resistere alla mafia. Il 19 luglio sempre del 1992 Cosa Nostra mise a segno l'ennesima strage, questa volta a farne le spese fu Paolo Borsellino, ucciso davanti alla casa della madre, a Palermo.

La sentenza di primo grado sulla trattativa stato-mafia, in attesa degli altri gradi di giudizio, racconta qualcosa di sconvolgente. Secondo i giudici, infatti, la trattativa tra lo stato e la mafia avrebbe "accelerato" la morte di Paolo Borsellino, ucciso circa 90 giorni dopo l'amico e collega Falcone. Non solo, la stessa trattativa avrebbe prolungato la strategia stagista dei corleonesi fino al 1993 con le stragi di Milano, Roma e Firenze.