Nelle ultime settimane, con l'aumento graduale dei contagiati da Covid-19, si è deciso progressivamente di far chiudere aziende e luoghi di lavoro che non fossero ritenuti indispensabili secondo le direttive interne, il tutto nella speranza di opporsi al continuo diffondersi del virus. Una necessità che potrebbe comportare una grave recessione economica in un paese che si trova ad affrontare la peggiore crisi dopo la Seconda guerra mondiale.

Un problema economico e organizzativo, il Pil italiano rischia di scendere dell'8% nel solo primo semestre del 2020

Dall'inizio dell'entrata in gioco del Coronavirus, all'interno del sistema italiano, si sono susseguite una serie di dinamiche economiche, politiche e sanitarie che hanno progressivamente rivoluzionato l'equilibrio personale di ogni persona.

Bisogna sottolineare che il cosiddetto collasso economico in corso arriva a raggiungere una certa consistenza anche a causa dell'eredità in dote dall'anno precedente, dove il rapporto debito/Pil superava il 135%. Secondo le stime di Ref ricerche, il pil italiano potrebbe calare dell'8% nel solo primo semestre dell'anno, un'enormità.

La difficoltà organizzativa, con questi dati, diventa una realtà quotidiana in una situazione in cui solo questi giorni hanno registrato un miglioramento, statisticamente parlando, della situazione sanitaria, restando però nell'incertezza sul definitivo ciclo di vita del virus.

La volontà di chiudere tutto, riportando l'esempio cinese di Wuhan, non tiene conto del fatto che le difficoltà organizzative che si vengono a creare in un territorio nazionale piccolo e completamente interessato dal virus, come quello italiano, non sono in toto comparabili a quelle che colpiscono zone di una nazione molto più grande come la Cina.

La ragione che spiega la situazione di difficoltà che si è venuta a creare, dal punto di vista economico, è riconducibile al fatto che il largo contagio ha colpito principalmente le regioni più produttive del territorio che arrivano a generare circa il 30% della ricchezza generale.

Un disagio comune, il contenimento virale passa dal rispetto delle norme anti propagazione del contagio

La confusione creata dal progressivo aggiornamento sanitario, all'interno dell'opinione pubblica, ha generato un inarrestabile serie di visioni soggettive della situazione. Il bombardamento di informazioni, ognuna costruita sull'opinione di diverse figure operanti nel settore, ha intensificato un disagio sociale che rischia di confondere le priorità nazionali.

Si pone in gioco la paura del singolo lavoratore e la lecita richiesta di tutela di quest'ultimo che, in diverse occasioni si trova a esercitare la propria professione senza le corrette precauzioni sanitarie, in una condizione quindi non consona alla situazione.

La corretta disposizione delle norme da seguire, se non accertata dagli organi competenti, rischia di non garantire un efficace contenimento virale, oltre che una serie di comportamenti deontologici scorretti da parte di chi, per lo stato, deve continuare a lavorare.

L'escalation dei decreti, rispettare le norme anti-contagio per evitare un loop infinito

L'emergenza Coronavirus, con il passare delle settimane, ha incrementato una crescente preoccupazione da parte dei cittadini e delle istituzioni competenti. Ciò ha spinto il governo verso una nuova presa di posizione per quanto riguarda le scelte e le regole da apporre al territorio nazionale nelle attività di produzione.

Dal 31 gennaio, giorno della delibera del Consiglio dei ministri con la quale è stato dichiarato lo stato di emergenza sanitario in tutta la nazione, all'11 marzo, sono stati diversi i decreti del Presidente del Consiglio riguardo le misure di contenimento epidemiologiche.

Il 23 marzo è entrato in vigore ufficialmente l'ultimo decreto, firmato il giorno precedente, contenente le nuove direttive urgenti in tutta Italia.

L'ultima proposta in ordine di tempo ha decretato la sospensione di tutte le attività produttive industriali e commerciali, ad eccezione di quelle ritenute fondamentali, allo scopo di contrastare la diffusione del virus Covid-19.

L' obiettivo, da parte delle organizzazioni politiche in questo caso, è contrastare quel collasso economico che sarebbe inevitabile se si dovesse fermare il ciclo produttivo di un paese per intero. D'altro canto, anche le aziende chiamate a continuare con la produzione dovranno necessariamente rispettare tutte le norme anti-contagio, altrimenti il rischio di un loop infinito (picco contagi-chiusura attività produttive) sarebbe evidentemente concreto.