Da vocabolario, la Politica è una generica “scienza” o “arte” di governare, un insieme di leggi perlopiù teoriche in materia di costituzione, organizzazione e amministrazione dello Stato e di direzione della vita pubblica. Un concetto vago, quello della politica, che di conseguenza rende incerta la stessa definizione delle attività di governo, in questi anni caratterizzate da un grande senso di instabilità e da una certa componente di improvvisazione percepibile soprattutto all’interno dei recenti governi di coalizione.

Non si vuole qui entrare nel merito delle decisioni operative, il cui giudizio spetta unicamente al singolo cittadino, che le valuta in rapporto ai suoi ideali e valori più o meno rispondenti a quelli della maggioranza di turno; oggetto di discussione può essere, al limite, la dinamica di costituzione e scioglimento dei vari esecutivi, che, nel caso dell’Italia, è sempre stata piuttosto controversa.

L’avvocato Conte e il suo ruolo di mediatore nella politica

In poco più di 70 anni, abbiamo visto alternarsi a palazzo Chigi non meno di 66 squadre di governo, senza contare l’ultimo papabile inquilino Mario Draghi, tuttora impegnato nelle contrattazioni/consultazioni con i parlamentari e con il presidente della Repubblica Mattarella.

Ma soffermiamoci per un attimo sul suo predecessore, Giuseppe Conte: due tentativi in questo senso, equivalenti al Conte I e II, non sono bastati a garantirgli di arrivare indenne alla scadenza naturale della legislatura. Prima con Salvini, poi con la sinistra, Conte ha dovuto riadattarsi più volte, lavorando nell’interesse della Nazione per certi versi non “esclusivo” (come invece recita il giuramento), ma contemperando a esso anche la necessità di cedere su alcuni punti pur di accontentare gli alleati.

La causa alla base dell’instabilità politica

Ricordiamo che questa situazione di incertezza ha avuto origine a partire dall’esito delle elezioni politiche del 2018, che non hanno dato né vincitori né vinti.

È dunque sistematico e pressoché inevitabile che un governo di ampia coalizione, fondato su una specie di contratto “aleatorio”, lasci prima o poi scontento qualcuno, e questo semplicemente perché l’insoddisfazione di una delle parti è nella natura stessa del compromesso. Da qui l’urgenza di chiamare in causa un avvocato, Conte, pensato proprio per mediare tra i partiti in questo strano processo senza colpevole. Perché – al di là delle simpatie o antipatie politiche – a Renzi non si può dare tutta la colpa: era solo questione di tempo, prima che un sistema del genere, così forzatamente democratico e conciliante, iniziasse a scricchiolare.

Il governo Draghi non risolve la questione politica

Un sinonimo di politica è “diplomazia”, descritta più propriamente come l’abilità di mediare e mantenere rapporti con persone suscettibili.

Se la politica è davvero questo, diciamo pure che l’avvocato Conte ha fatto, per quanto ha potuto, un lavoro magistrale. E se la politica consiste nel mediare, “tecnica” sta invece per rimediare, cioè riportare le cose su un piano più concreto, sul piano della tecnica – appunto – o della strategia pratica ed empirica lontana dai giochetti di palazzo.

Draghi ha da sempre la fama del deus ex machina, del risolutore delle crisi nere del panorama economico-finanziario internazionale; di certo, però, tanto non basterà a dirimere la questione politica, che prevediamo rimarrà aperta ancora per molto, almeno fino all’emanazione di una legge elettorale più congrua che permetta al presidente del Consiglio – di chiunque si tratti – di governare in autonomia, senza il timore costante di eventuali trame ordite alle sue spalle dai suoi alleati di convenienza.