Dall’inizio della pandemia, Cuba risulta tra i paesi più impegnati nella lotta alla Codiv-19. Ad oggi, lo stato cubano ha lavorato duramente allo sviluppo di quattro vaccini, due dei quali già passati alla Fase 3 della sperimentazione. In poche settimane, dunque, i vaccini candidati potranno passare all’approvazione definitiva, per procedere successivamente alla somministrazione alla popolazione cubana. Rispetto a quelli sviluppati in Europa, la peculiarità del vaccino cubano concerne il fatto di essere stato interamente finanziato dallo Stato, il quale ha anche annunciato la disponibilità di Cuba ad offrire aiuti umanitari e sanitari ai paesi più poveri del mondo.

I precedenti

Gli aiuti umanitari e sanitari forniti dallo stato cubano non rappresentano certo una novità. Fin dai primi anni della Rivoluzione del 1959, lo stato caraibico, nonostante il pesantissimo embargo economico attuato dagli Stati Uniti, ha sempre offerto la propria solidarietà alle popolazioni più povere del mondo, in particolar modo in America latina e in Africa. In nome del socialismo e dell’autodeterminazione dei popoli, Cuba ha sempre fornito assistenza a chi la richiedesse, elevando l’istruzione e l’organizzazione sanitaria a pilastri della Rivoluzione.

Nel marzo 2020, in concomitanza con lo scoppio della pandemia in Italia, Cuba si è subito attivata per offrire il proprio sostegno alle strutture sanitarie italiane, precarizzate negli anni dai continui tagli ai finanziamenti pubblici.

Impossibile dimenticare il prezioso contributo offerto dai medici cubani accorsi nel momento del bisogno, contrariamente a quanto avvenuto con i paesi alleati dell’UE, troppo concentrati a proteggere se stessi per curarsi delle difficoltà altrui.

La campagna vaccinale cubana

Mentre gli stati europei sono alle prese con i continui ritardi delle forniture pattuite con le case farmaceutiche, Cuba sta ultimando le ultime procedure per l’approvazione definitiva dei propri vaccini, interamente finanziati dallo stato.

Ad oggi, come confermato dall’ambasciatore cubano in Italia José Carlos Rodriguez Ruiz in una recente intervista, “secondo l'OMS i candidati vaccinali cubani contro il Covid -19 rappresentano l’8% di tutti i candidati vaccinali giunti finora alla sperimentazione clinica a livello mondiale”. In questa stessa intervista, l’ambasciatore cubano annuncia la produzione di 100 milioni di dosi entro il 2021, confermando l’impegno in prima linea dell’isola caraibica nella lotta alla Covid.

Un modello alternativo

La vicenda in questione manifesta ancora una volta quanto il sistema cubano punti sulla sanità. L’embargo economico attuato dagli Stati Uniti ha reso necessario lo sviluppo della ricerca, nel tentativo di raggiungere una parziale autonomia medica, oltre che economica. In uno scenario del genere, sanità e istruzione vennero posti al centro del progetto rivoluzionario di Fidel Castro. Per queste ragioni, non è assolutamente un caso che oggi la sanità pubblica cubana sia tra le più sviluppate al mondo. Non sorprende, dunque, che un stato piccolo come quello cubano sia stato in grado di sviluppare in maniera autonoma quattro candidati vaccinali, tutti pensati per essere distribuiti gratuitamente a tutta la popolazione.

La crisi sanitaria che ha colpito l’Europa ha fatto emergere tutti i limiti strutturali delle politiche di austerità inaugurate dalla crisi economica del 2007. Come denunciato dagli stessi operatori sanitari allo scoppio della pandemia, i frequenti tagli all’istruzione e alla sanità pubblica, attuati dai governi politici occidentali, hanno minato la stabilità del sistema sanitario pubblico nei momenti emergenziali. In altri termini, gli ospedali si sono ritrovati sprovvisti di macchinari e dispositivi di protezione, mettendo a rischio la sopravvivenza stessa della sanità pubblica, la quale si trova costantemente a rischio collasso. Il Covid ha ampiamente dimostrato che, in condizioni di criticità, l’intervento dei privati risulta insufficiente a soddisfare il bisogno di un’intera nazione.

Nonostante i problemi economici dovuti all’embargo, lo stato cubano è riuscito a valorizzare al meglio le proprie strutture scolastiche e ospedaliere, riversando incredibili somme di denaro per il finanziamento del settore pubblico. Questo atteggiamento lascia emergere un modo di pensare il sociale totalmente differente da quello perpetuato dalle politiche neoliberali. Istruzione e sanità costituiscono un punto cardine delle politiche sociali cubane. In tal senso, la popolazione emerge come una risorsa imprescindibile su cui investire in maniera costante nel tempo. Questa logica, solo apparentemente scontata, cozza con le pratiche politiche ed economiche sviluppate dai paesi occidentali, le cui direttive impongono una categorizzazione finanziaria delle esistenze umane, considerate perlopiù come autentiche fonti di profitto.

Sebbene anche i vaccini “nostrani” siano stati finanziati da ingenti somme di denaro pubblico, non esistono clausole volte a impedire il monopolio delle case farmaceutiche sui brevetti, tradendo le dichiarazioni dell’OMS e dell’UE sulla volontà di non creare un profitto parassitario sulla pandemia. Infatti, la concezione monopolistica dei brevetti non può che impattare negativamente sui processi di distribuzione dei vaccini. L’impossibilità di estendere la produzione ad altre aziende limita necessariamente la capacità di soddisfare la domanda, allungando oltremodo i tempi di consegna richiesti.

La crisi pandemica ha messo in luce tutta una serie di contraddizioni interne al sistema neoliberale, il quale eleva il margine di profitto a motore unico dell’economia e della vita sociale delle persone.

L’auspicio è che si possa inaugurare un serio processo di ripensamento delle relazioni tra pubblico e privato, al fine di valorizzare finalmente quegli aspetti della vita che, per troppo tempo, sono stati silenziati dalle logiche del mercato.