James Harden si sta mostrando in queste settimane sempre più decisivo: il suo approdo ai Brooklyn Nets era stato accolto fin da subito con un certo scetticismo. In particolare, a generare dubbi era la presunta incompatibilità con altri due campioni assoluti come Kevin Durant e Kyrie Irving. Nonostante si tratti di uno dei giocatori più "letali" dell’intera NBA, molti tifosi e addetti ai lavori non credevano fosse possibile una gestione condivisa dei possessi, cosa che avrebbe dovuto comportare la rottura dell’equilibrio della squadra.

Coach Steve Nash, al contrario, sembrerebbe essere riuscito nell’impresa, assegnando ad Harden un ruolo diverso rispetto al passato, meno "accentratore" e più al servizio dei compagni.

Da sesto uomo dell’anno ad MVP della NBA

Non è la prima volta che James Harden ha modificato il proprio gioco.

Nel 2009, viene selezionato con la terza scelta assoluta del Draft dagli Oklahoma City Thunder. Vista l’ingombrante presenza a roster di Durant e Russell Westbrook, il Barba viene relegato al ruolo di sesto uomo in grado di garantire difesa e punti in uscita dalla panchina. La stagione 2011/2012 è quella della definitiva consacrazione. In quello stesso ruolo, Harden garantisce 16.8 punti, 4.1 rimbalzi e 3.7 ad allacciata di scarpe, numeri che gli valsero a fine stagione il premio di Sixth Man of the Year della NBA. Ai Playoff, contribuisce a portare i giovani Thunder alle Finals, ma i Miami Heat di LeBron James, Wade e Bosh gli sbarrano l’accesso al titolo.

A fine stagione, i Thunder scelgono di non soddisfare le richieste economiche di Harden, preferendo investire sulla solidità difensiva di Serge Ibaka. Ad approfittarne sono gli Houston Rockets, convinti a farne il perno su cui ricostruire la franchigia. In Texas, il Barba emerge come uno dei giocatori offensivi più devastanti della lega, consacrandosi leader assoluto della propria squadra.

Nel corso degli anni sviluppa un gioco molto più individualista rispetto al passato, composto da un’altissima percentuale di isolamenti. L’arrivo di Mike D’Antoni sulla panchina dei Rockets estremizza il ruolo di Harden come accentratore del gioco, affidando a lui la maggior parte dei possessi offensivi dei texani. I numeri del Barba ne traggono un grande beneficio, consentendogli di competere per il premio di MVP della stagione regolare, conquistato successivamente dal suo ex compagno ai Thunder Russell Westbrook.

Tuttavia, l’appuntamento viene rimandato di un solo anno. Nella stagione 2017/2018, anche grazie all’arrivo di Chris Paul in estate, Harden innalza nuovamente il proprio gioco, concludendo la stagione regolare con 30.4 punti, 5.4 rimbalzi e 8.8 assist a partita, numeri che gli valgono il premio di MVP. Ai Playoff, i Rockets sono costretti ad arrendersi allo strapotere dei Golden State Warriors in sette partite. La stessa scena si ripete l’anno successivo. Neanche l’arrivo di Westbrook al posto di Paul riesce a far cambiare le sorti dei texani ai Playoff. Le ambizioni di vittoria dei Rockets sembrano definitivamente naufragate.

L’arrivo ai Brooklyn Nets

Volenteroso di competere finalmente per il titolo, Harden chiede ed ottiene di essere scambiato ai Brooklyn Nets, per formare assieme a Durant e Irving un trio assolutamente formidabile.

Fin dal primo giorno del suo arrivo, Coach Steve Nash si è adoperato per trovare la giusta formula per valorizzare tutti i campioni a disposizione. In questo contesto, il Barba diventa a tutti gli effetti il playmaker della squadra, facendo scalare Irving nella posizione di pointguard. Per la prima volta, dopo anni di isolamenti, Harden si ritrova a dover rinunciare ad essere l’unico protagonista dell’attacco, prediligendo un maggiore coinvolgimento dei compagni.

I risultati, al momento, gli danno ragione. Qualche settimana fa, i Nets, trascinati da un Harden da 23 punti e 11 assist, hanno battuto i campioni in carica dei Lakers, rovinando la festa a LeBron James, che in quella stessa sera è diventato il terzo marcatore della storia.

Qualche giorno più tardi, i Nets hanno sbancato San Antonio dopo ben 19 anni, trascinati da una prestazione mostruosa del Barba, autore di 30 punti, 15 assist e 14 rimbalzi, il primo a riuscirci senza palle perse dal lontano 1977. L’ultima in ordine di successione è la gara del ritorno a Houston, dove Harden trascina i suoi alla decima vittoria nelle ultime 11 partite.

Spogliandosi dai panni del giocatore egoista ed individualista, il "Barba" sta mostrando una maturità forse mai vista negli anni passati, contribuendo in modo decisivo a rendere i Nets tra le squadre più accreditate al titolo finale.