Il governo di centrodestra eletto democraticamente nel 2008 non cadde a causa della crisi economica pressante o per ll'innalzamento dello spread, bensì per mano del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

A lanciare questa bomba, ripresa poi da tutti gli organi di stampa, è l'autorevole Corriere della Sera, che pubblica alcuni tralci di un nuovo libro scritto da Alan Friedman, Ammazziamo il Gattopardo.

Il giornalista e conduttore televisivo statunitense ripercorre alcune tappe salienti degli accadimenti avvenuti nel 2011, sostenendo come già nell'estate di quell'anno ci fossero stati contatti tra Napolitano e Mario Monti.

Il professore bocconiano sarebbe stato interpellato per sapere di una sua eventuale disponibilità a ricoprire il ruolo di capo del consiglio in caso di necessità, in questo caso sostituire il premier allora in carica. Quello che lascia perplessi sono i tempi.

Berlusconi sarà costretto ad andarsene il 13 novembre del 2011, accusato di aver sottovalutato la crisi, di essere responsabile dell'innalzamento dello spread, termine allora temuto e divenuto usuale in una comune conversazione e di altre varie cose, mentre 4 o 5 mesi prima avvenivano già colloqui per una sua sostituzione.

Mario Monti ha confermato tutto, liquidando l'accaduto come normale e non trovandoci nulla di strano, mentre tutto è tranne che normale.

Se, infatti, tutto ciò fosse comprovato, sarebbe la prova di una ingerenza ingiustificabile da parte di chi ricopre un ruolo istituzionale, nato a garantire le istituzioni grazie alla sua imparzialità nei confronti di qualunque forza politica abbia vinto regolarmente le elezioni.

A questo punto si attendono le reazioni.

Forza Italia ha già fatto sapere che pretende chiarezza da parte degli interessati e soprattutto dall'inquilino del Quirinale, non escludendo, se quanto appreso corrispondesse alla verità, un suo possibile appoggio all'istanza avanzata dal Movimento Cinque Stelle ovvero la richiesta di impeachment per Giorgio Napolitano.

Nei prossimi giorni si saprà sicuramente di più, fatto sta è che, come molti media sostengono, Napolitano sembra sempre di più avvalorare il nome con cui è chiamato da più parti ovvero quello di Re Giorgio piuttosto che quello di Presidente di una Repubblica.