Dal Financial Times parte un duro attacco nei confronti del parlamento europeo: i bersagli della critica sono la nomina di Jean Claude Juncker come presidente da incaricare al seguito del risultato delle ultime elezioni, e il sostegno da lui ricevuto da parte di Angela Merkel.
La cancelliera tedesca, infatti, sostiene apertamente questa ipotesi - peraltro coerente con quanto indicato nelle liste presentate agli elettori in occasione delle votazioni europee - precisando che la sua nomina è il motivo per la quale sta attualmente conducendo i vari incontri con gli alleati europei.
Parole di appoggio sono provenute anche da parte dei social-democratici tedeschi, per i quali "ogni altra soluzione sarebbe un inganno agli elettori".
La tesi opposta, sostenuta dal prestigioso quotidiano inglese, è che al contrario i leader europei dovrebbero accordarsi tra loro per giungere a un suo "scaricamento". Le ragioni di questa considerazione sono principalmente dovute al fatto che l'incarico di Juncker rappresenterebbe una indebita appropriazione di potere da parte del parlamento europeo nei confronti della popolazione stessa. Elettorato che in effetti ha espresso alle urne una certo malessere, rappresentato in primis da tutti i voti di protesta che evidentemente contestano gli atteggiamenti e le impostazioni politiche finora adottate dall'Europa, della quale in questo caso Juncker ne finisce per essere il principale esponente.
Il FT in realtà va persino oltre a questa considerazione, sostenendo la tesi già in precedenza esposta dal premier inglese David Cameron, per la quale la candidatura di Juncker equivale a "una rozza appropriazione di potere istituzionale dal parte del parlamento europeo", e aggiungendo che il mandato del parlamento, messo palesemente in discussione dallo scarsissimo 43% di affluenza totale degli elettori, risulta parzialmente legittimato nella scelta del suo presidente.
In caso contrario, la nomina di Juncker incarnerebbe un grande sgarbo verso la sua stessa accountability democratica.
Per il FT Junker è attualmente inadatto a quel ruolo, in quanto "arci-federalista della vecchia scuola", mentre quello che veramente servirebbe all'Europa è un volto nuovo, con esperienza di governo ma anche dotato di un certo appeal e quindi di una decisa legittimazione popolare.
Il presidente da incaricare dovrebbe però allo stesso tempo sostenere una seria riforma della commissione, riducendo il numero dei commissari e accorpandone le materie di loro competenza, oltre ad intraprendere un percorso di riduzione del potere del parlamento stesso nell'intento di ridare maggiore importanza alle legislazioni dei singoli Paesi membri. Anche il motivo di quest'ultimo obiettivo è dovuto al fatto che attualmente i parlamenti nazionali godono di una legittimità democratica di cui al contrario il parlamento europeo sembra esserne privo.