Al referendum indetto da Tsipras sul rigore imposto dai creditori alla Grecia, come era chiaramente prevedibile, ha stravinto il no. E come era chiaro il risultato era chiaro anche perché il premier greco avesse indetto un simile referendum proprio adesso, proprio in questa fase difficile (per non dire drammatica) della trattativa con l'Ue: per spaventare i creditori europei, per metterli di fronte ad una reale minaccia di uscita della Grecia dall'euro e indurli così ad assumere posizioni più morbide e permissive nella trattativa.

Questa mossa di Tsipras ha funzionato?

Secondo le voci che trapelano da Berlino pare di no: la Merkel ha detto che il premier greco "sta guidando il suo Paese ad occhi aperti contro un muro", e il vicecancelliere tedesco Sigmar Gabriel ha sostenuto che "è difficile immaginare un nuovo piano di salvataggio".

Ma, intanto, questa sera la Merkel e Hollande ceneranno all'Eliseo (e il "piatto forte" dovrebbe essere proprio la Grecia) e domani, nel tardo pomeriggio, si riunirà il vertice dell'Eurogruppo.

Il ruolo della Bce

In queste prime ore del dopo-no le banche greche non sono più in grado di riaprire per mancanza di liquidità e, senza aiuti esterni, potrebbe verificarsi, in pochi giorni, una vera e propria insolvenza, e quindi il fallimento degli stessi istituti.

Ecco perché ora il ruolo della Banca centrale europea diventa decisivo: il governatore della Bce Draghi ha il difficile compito di far sopravvivere le banche greche dovendo rispettare delle regole tecniche ben precise e senza poter aumentare l'Ela, cioè la liquidità di emergenza della quale già usufruiscono gli stessi istituti.

Comunque, in attesa di una definitiva soluzione politica, Draghi potrebbe, con qualche improvvisato gesto di "finanza creativa", salvare le banche elleniche fino al 20 luglio, data di scadenza ultima per un accordo tra Ue e Grecia.

Il ruolo di Usa e Cina

Gli Usa e la Cina, entrambi per motivi simili e anche diversi, si sono già mossi e fatti sentire per scongiurare l'uscita della Grecia dall'euro (uscita che, a detta di molti, potrebbe provocare un eventuale e pericoloso effetto domino sull'economia europea e globale).

Gli Usa temono che il "Grexit", oltre agli eventuali e già citati sconvolgimenti economici globali, consegni il Paese ellenico nelle mani di Putin (ed effettivamente Tsipras mantiene tuttora un canale aperto e privilegiato con il presidente russo), e questo comporterebbe gravi ripercussioni nei fragili equilibri strategici dello scacchiere europeo.

La Cina, invece, vuole essenzialmente che l'euro continui ad essere una moneta competitiva e una valida alternativa alla moneta americana.