Questa storia inizia nel 2001, l'anno in cui viene ufficialmente costituita l'eurozona. La Grecia è l'ultimo dei 12 paesi firmatari, tra i primi ad aderire alla moneta unica. Allora tutto faceva sperare per il meglio, il valore del neonato euro superò quello del dollaro, i paventati problemi con le banche e i distributori automatici di fatto non si verificarono. Il lancio della moneta europea fu accolto come un grande successo. Così sembrava.

Il trucco al bilancio e le Olimpiadi

Per aderire all'eurozona ogni Paese doveva dimostrare che aveva raggiunto la "convergenza economica" con gli altri membri del gruppo, vale a dire un punto stazionario in cui tutte le variabili sono in equilibrio e non subiscono variazioni, un requisito fondamentale per evitare che Paesi diversi mettessero a rischio la valuta corrente.

La richiesta della Grecia fu accettata, anche se l'allora presidente della Banca Centrale Europea, Wim Duisenberg, affermò che c'era ancora molto lavoro da fare per rendere l'economia ellenica stabile e sicura. Qualche anno dopo un nuovo governo si insediò ad Atene: il nuovo primo ministro Karamanlis pensò bene di dare un'occhiata al bilancio statale. Scoprì che il deficit non era affatto quello dichiarato in partenza, regolarmente sotto il 3 per cento, come da requisito, ma superava l'8 per cento. Il caso volle che quell'anno le Olimpiadi tornassero ad Atene, il luogo della loro nascita, un'occasione imperdibile per ridare lustro all'immagine del Paese. Così il governo greco rimase in silenzio.

La crisi economica mondiale

Nel 2008 i maggiori istituti di credito collassano, dagli Stati Uniti l'epidemia si sparge in ogni angolo del pianeta. Diverse nazioni europee dall'economia più fragile vengono colpite duramente, la Grecia è tra queste. La falla nel budget statale si allargò a tal punto che divenne impossibile nasconderla.

Gli altri Paesi dell'eurogruppo, temendo un contagio, non avevano altra scelta: aiutare la Grecia. La troika si mise all'opera e concesse un prestito di salvataggio per l'ammontare di un centinaio di miliardi di euro, mentre la Grecia si impegnava a riportare il budget in equilibrio. Il governo greco fece quello che ogni altro governo disperato avrebbe fatto: aumentò le tasse e licenziò dipendenti statali, col risultato che crebbe la disoccupazione e scesero le entrate fiscali.

Seguirono altri prestiti dall'eurogruppo, altri piani di austerità, mai veramente efficaci.

No all'austerità

La cronaca di questi giorni ci parla dell'ennesimo default greco, che manca all'appuntamento con gli esattori europei, ma stavolta non accetta impassibile un'altra ramanzina e un'iniezione di "salutare" austerità. Si è verificata invece una rottura con i poteri forti, culminata nell'espressione della volontà popolare di domenica 5 luglio. Le conseguenze di questa scelta sono tuttora imprevedibili, ma già l'eurosummit previsto per oggi martedì 7 luglio potrebbe aprire esili spiragli, oppure chiudere un portone a doppia mandata. Da entambe le parti l'impegno di riprendere le trattative. L'Europa sta a guardare. Non poco entusiasmo ha già suscitato lo scatto d'orgoglio della Grecia.