Qui in Kurdistan è passato un anno dall’arrivo dei Daesh (ISIS), quando conquistarono Sinjar e distrussero la vita di tante famiglie, soprattutto yazide, uccisero tutti gli uomini che fecero prigionieri e rapirono le donne e bambini. Un anno in cui si sono formati 20 grandi campi per IDP (Internally Displaced Person) e rifugiati dalla Siria, in cui si è dovuto far fronte alla situazione fisica e psicologica delle donne e ragazze che, dopo aver subito violenze disumane, sono riuscite a fuggire dalla loro schiavitù imposta dagli uomini dell’ISIS e, nel contempo, i peshmerga hanno cercato di riconquistare i territori occupati e hanno difeso i loro confini.

La memoria - Nessuno dimentica il 3 agosto 2014 in Kurdistan, specialmente nell’area di Duhok, così vicina a Sinjar. Proprio per questo motivo, a distanza di un anno esatto, si sono svolte una serie di manifestazioni per dimostrare la propria rabbia, preoccupazione, per dire “noi siamo qui e vi combattiamo”, ma anche per sottolineare che nessuno vuole abbandonare tutti coloro che si sono ritrovati improvvisamente senza nulla. Varie dimostrazioni si sono svolte in Duhok e a Lalish, il loro villaggio sacro, ma anche una celebrazione all’Università di Duhok dove è intervenuto anche il presidente del Kurdistan, Masoud Barzani.

Il cancro dell’ISIS e l’onore degli Yazidi -

Tutti concordano che quello che i Daesh hanno fatto a Sinjar è un vero e proprio genocidio. Migliaia di persone uccise, rapite, stuprate e torturate, templi di tutte le religioni distrutti.

Gran parte della popolazione che riuscì a fuggire andò sulla montagna che sovrasta Sinjar, impervia, scappati senza nulla, con vestiti estivi, ma dovettero stare lì fino a dicembre. Il presidente Barzani definisce i nemici che distrussero Sinjar e crearono sofferenze indescrivibili “il cancro dell’ISIS” e aggiunge: “Sono orgoglioso per quello che si sta facendo in Kurdistan per la popolazione yazida.

L’ISIS ha dimostrato di non avere nè religione nè onore. Gli Yazidi hanno dimostrato di avere onore, specialmente le ragazze che sono state rapite. Chiunque aiuta l’ISIS è un criminale e come tale sarà punito.” Uno grande scroscio di applausi hanno sottolineato queste sue parole. Barzani aggiunge che in Kurdistan la gente sa di essere libera, libera di credere nella propria religione e di vestirsi come vuole.

Cristiani, Yazidi e Mussulmani devono vivere in pace insieme in Kurdistan. Conclude dicendo: “Siamo tutti fratelli e sorelle. Il nemico è l’ISIS, non nazioni o razze”.

Mussulmani, Yazidi e Cristiani uniti - Il grande auditorium dell’università era colmo di gente, religioni e fogge diverse, tutti attenti e a tratti commossi di fronte a ciò che la celebrazione proponeva: oltre a discorsi di personalità, è stato proiettato un filmato che ha ripercorso questo ultimo anno, dalla tragedia fino a oggi, ma anche un balletto i cui ballerini, uomini e donne, erano vestiti da peshmerga e una performance di 25 bambini orfani dalla tragedia di Sinjar. Particolarmente significativo il momento in cui sul palco si sono riuniti vari rappresentanti delle tre religioni, Mussulmani, Yazidi e Cristiani, alcuni dei quali hanno parlato, tutti di amore e fratellanza in nome di un unico Dio. Alla fine tutti hanno unito le mani alzandole al cielo, in una splendida catena umana di solidarietà.