La storia che racconta l'ultimo viaggio di Obama in Vietnam, prende in considerazione non soltanto questo Paese, ma anche la necessità dell'America di trovare un nuovo nemico in Asia. Non il Vietnam, attenzione, ma la Cina. L'analisi offerta da Politico.com mette nero su bianco tutti i retroscena del discorso del Presidente americano ad Hanoi.Obama ha in programma una visita ad Hiroshima, ma non certo per chiedere scusa rispetto alla questione atomica della Seconda Guerra Mondiale. Obama è anche andato in Vietnam, ma non per parlare dell'importanza di rispettare i diritti umani e della necessità di avviare la costruzione di una solida democrazia nel Paese.

Obama è andato in Vietnam per dare il via libera al commercio di armi. Dopo 50 anni è stata messa la parola fine all'embargodegli States nei riguardi di questo paese asiatico che oggi diventa strategico nella "sotterranea"guerra fredda tra USA e Cina.Il Presidente americano, sapendo di arrivare in Vietnam in un momento delicato, quello del rinnovo dell'Assemblea Nazionale, ha deciso di non prendere affatto il discorso "democratico". Allora perché non rinunciare anche alla visita? La risposta è nella paura americana dell'avanzata cinese e del possibile riassetto dell'economia mondiale a favore del Sol Levante.

Hanoi, dopo anni di vane richieste a Washington, ha finalmente ottenuto la fine dell'embargo sulle armi.

Finalmente il Vietnam potrà comprare le tanto desiderate armi a stelle e strisce. Questo businessavrà un effetto determinante sull'economia americana ma ha anche un impatto politico sul versante asiatico: la Cina infatti dovrà accettare la presenza sempre maggiore degli USA in un territorio che pensava di dominare in maniera incontrastata.

Se fosse stato un incontro squisitamente finanziario, si sarebbe taciuto del silenzio di Obama sulla democrazia vietnamita ma non è stato così, anche per via della precisazione del presidente americano che ha detto:

"Ho chiarito che gli Stati Uniti non cercano d'imporre la nostra forma di governo in Vietnam o in qualsiasi nazione...

allo stesso tempo si continuerà a parlare di diritti umani."

Un discorso che non si sposa con l'esportazione della democrazia cui siamo stati abituati ai tempi della guerra in Iraq. Insomma, qui non c'entra niente l'economia, non c'entra niente la storia e nemmeno la democrazia. Qui l'affare è di natura politica e psicologica e si riassume nella "paura cinese".